
Fonte immagine: formiche.net
Il 6 marzo, al Consiglio straordinario europeo, il premier Giorgia Meloni ha per prima proposto agli alleati di estendere le garanzie previste dall’art.5 dell’Alleanza Atlantica all’Ucraina. L’articolo 5 del trattato Nato è il pilastro dell’Alleanza Atlantica: i Paesi membri della Nato, le parti, “concordano che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nel Nord America sarà considerato un attacco contro tutte”. Dunque, ciascuna dovrà intervenire in soccorso del Paese attaccato “intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che ritiene necessaria, incluso l’uso della forza armata”.
Un intervento compatto della Nato in Ucraina?
Se da un lato l’azione che ogni Paese “ritiene necessaria” non significa il ricorso automatico all’intervento militare, dall’alto il riferimento esplicito all’uso “della forza armata” è servito per tutti questi anni da deterrente. Si parla dell’art.5 in relazione all’Ucraina, che non è tra i 32 Paesi Nato, perché il 6 marzo, al Consiglio straordinario europeo, il premier Giorgia Meloni ha per prima proposto agli alleati di estendere le garanzie previste dall’art.5 della Nato all’Ucraina. Questa proposta è la stessa che poi Trump ha fatto a Putin nel summit di Anchorage di Ferragosto.
Nato, la storia dell’art. 5 e del Patto Atlantico
Il Patto Atlantico, firmato a Washington il 4 aprile 1949, è il trattato istituivo della Nato, un’alleanza politico militare nata con lo scopo di garantire sicurezza collettiva ai paesi membri. Inizialmente vi aderirono 12 Stati, oggi sono 32, inclusi molti Paesi dell’Europa orientale entrati dopo la guerra fredda. Il cuore del Patto è rappresentato come anticipato dall’art. 5, il quale è stato applicato soltanto una volta, dopo gli attacchi di Al Qaeda dell’11 settembre 2001 alle Torri gemelle e al Pentagono. Già dal successivo 2 ottobre fu infatti riconosciuto che l’attacco proveniva dall’estero e si decise di inviare le truppe Nato in Afghanistan.
Il Testo integrale
“Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’art. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale”…
…ed ancora
“Ogni attacco armato di questo genere e tutte le misure prese in conseguenza di esso saranno immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza. Queste misure termineranno allorché il Consiglio di Sicurezza avrà preso le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionali”.
Considerazioni sulla Nato e sull’art. 5 del Patto. Ambiguità e limiti nell’applicazione alle minacce moderne
Il testo originale del Trattato Atlantico parla di “attacco armato”, espressione che a conti fatti risulta anacronistica rispetto ai contesti di guerra ibrida, cyberattacchi e altre forme non convenzionali, lasciando ampia e pericolosa discrezionalità su cosa venga considerato meritevole di risposta collettiva. I cyberattacchi rappresentano una sfida significativa: anche se la dottrina NATO ha iniziato ad ammettere che attacchi gravi, con conseguenze tangibili come perdita di vite o danni infrastrutturali, possano legittimare l’attivazione dell’Articolo 5, mancano ancora soglie chiare e condivise. L’esperienza dell’attacco informatico all’Estonia nel 2007 ha mostrato la mancanza di protocolli definiti: nonostante la gravità dell’evento, l’Articolo 5 non fu invocato, sottolineando le criticità in termini di chiarezza normativa e attribuzione. Il rischio è che la Nato possa perdere di credibilità
Ci sono poi problemi di consenso politico, operatività e disomogeneità
L’attivazione dell’Articolo 5 richiede consenso politico unanime ed uniforme tra gli Stati aderenti. Tensioni interne e priorità a livello nazionale possono congelare l’intervento coordinato. Disparità nei bilanci e nelle capacità militari (es. 2 % del PIL in difesa) compromettono la prontezza complessiva. L’Italia e la Spagna, per esempio, continuano a sotto-investire, rendendo l’impegno collettivo meno credibile. La logistica e l’interoperabilità tra eserciti diversi rappresentano ostacoli concreti: la mobilitazione rapida richiede infrastrutture armonizzate e compatibili, un’area ancora debole per molti Paesi membri. Sarebbe importante anche la creazione in tal senso di un esercito unico e formato a livello centrale.
Adattamenti in corso e potenzialità di riforma del patto della Nato
- Dal vertice di Vilnius (2023), la NATO ha iniziato a considerare i cyberattacchi gravi e le aggressioni ibride come possibili casi per l’Articolo 5, ma solo su base “case by case”.
- L’Alleanza ha rafforzato difese integrate (cyber, energia, sorveglianza) e preposizione di truppe nelle regioni più vulnerabili per aumentare la deterrenza.
- Secondo analisi recenti, è fondamentale adottare metriche di prontezza uniformi (scorte, cyber-resilienza, esercitazioni congiunte), anche attraverso auditing annuali, per ridurre le diseguaglianze tra gli alleati.
…in conclusione
L’Articolo 5 resta un pilastro fondamentale della sicurezza collettiva transatlantica. Tuttavia, la sua efficacia nei conflitti moderni è ostacolata da vari fattori quali: ambiguità nei concetti di attacco e risposta; dipendenza dal consenso politico e dalla capacità operativa; rapporti di disparità tra gli stati membri sul piano militare ed economico. Il potenziamento di capacità difensive nazionali (Articolo 3), la standardizzazione degli strumenti di risposta, e l’aggiornamento delle soglie per attivare l’azione collettiva, sono essenziali per renderlo davvero funzionale nei contesti attuali
1 thought on “Nato, Articolo 5: cos’è e quali “obblighi” comporta”