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Elezioni regionali della Toscana: tra memoria democratica e nuove sfide di partecipazione
Il 12 e 13 ottobre 2025, la Toscana tornerà alle urne per eleggere il nuovo Presidente della Giunta regionale e rinnovare il Consiglio regionale. Tre i candidati in corsa: Eugenio Giani, governatore uscente sostenuto dal centrosinistra e dal Movimento 5 Stelle; Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia e volto del centrodestra unito; Antonella Bundu, esponente della sinistra radicale con la lista Toscana Rossa. L’eventuale ballottaggio è previsto per il 26 ottobre.
Dall’affluenza record al minimo storico
La partecipazione elettorale in Toscana ha vissuto una parabola discendente negli ultimi cinquant’anni. Nel 1970, alle prime elezioni regionali, l’affluenza fu del 95,9%, tra le più alte mai registrate in Italia. Da allora, il dato ha subito una riduzione costante, toccando il minimo storico nel 2015 con il 48,28%. In quell’occasione, Enrico Rossi fu riconfermato presidente con il 48,02% dei voti, in un contesto di frammentazione politica e scarsa mobilitazione.
Il rimbalzo del 2020 e le regole regionali
Nel 2020, l’affluenza è tornata a salire al 62,6%, complice la concomitanza con il referendum costituzionale. Eugenio Giani vinse con il 48,62%, evitando il ballottaggio grazie alla soglia del 40% prevista dalla legge regionale n. 51/2014. Il contesto pandemico e le nuove regole elettorali hanno contribuito a ridefinire il quadro partecipativo.
Evoluzione normativa e impatto sulla governance
Le modifiche normative hanno avuto un impatto significativo. Nel 1995, la Toscana adottò un sistema misto proporzionale-maggioritario, con premio di maggioranza. Vannino Chiti fu eletto con il 50,12%, in un contesto di alta affluenza (85,16%). Nel 2000, con l’introduzione del modello “Tatarella”, Claudio Martini vinse con il 49,3%, mentre l’affluenza scese al 74,63%. Nel 2005 e 2010, la partecipazione si mantenne sopra il 60%, ma nel 2015 si registrò il crollo.
Una regione storicamente “rossa”
La Toscana è storicamente considerata una “regione rossa”. Nel 1970, il PCI ottenne il 42,3% dei voti, superando la DC (30,5%). Nel 1975, il vantaggio si ampliò: 46,47% contro 28,49%. Livorno, Siena e Firenze divennero roccaforti della sinistra, con una forte integrazione tra amministrazione e radicamento sociale. Negli anni ’80, il PCI restò stabilmente sopra il 46%, mentre la DC non superò il 27%. Solo Lucca rappresentava un’eccezione, con una tradizione cattolica più marcata.
Politiche: la discesa della partecipazione
Anche le elezioni politiche hanno visto un calo di partecipazione. Nel 2022, ha votato il 69,75% degli aventi diritto, il dato più basso nella storia repubblicana toscana. Nel 2001, l’affluenza era dell’86,5%; nel 2006 e 2008 si superava l’83%. In vent’anni, la partecipazione è diminuita di quasi 17 punti percentuali, riflettendo una crescente disillusione e una minore identificazione con i partiti tradizionali.
Europee: consultazioni sempre più fredde
Le elezioni europee non fanno eccezione. Nel 2024, ha votato il 59,06% degli elettori, in calo rispetto al 65,75% del 2019 e al 66,72% del 2014.
Sebbene il dato toscano continui a superare la media nazionale, è evidente che la partecipazione alle europee sta seguendo un trend discendente. In effetti, queste consultazioni vengono sempre più percepite come meno incisive e, soprattutto, come distanti dalle dinamiche territoriali che tradizionalmente mobilitavano l’elettorato. Di conseguenza, il voto europeo tende a perdere centralità nel dibattito pubblico locale, trasformandosi in un appuntamento meno sentito rispetto alle elezioni regionali o politiche.
Referendum: oscillazioni e segnali
I referendum hanno mostrato oscillazioni significative. Nel 2020, con il voto sul taglio dei parlamentari, l’affluenza fu del 65,89%. Nel 2022, con i quesiti sulla giustizia, crollò al 19,57%. Nel 2025, i referendum su lavoro e cittadinanza hanno segnato una parziale ripresa (39,1%), con Firenze oltre il 67%.
Tuttavia, nonostante la parziale ripresa della partecipazione, soltanto sei comuni sono riusciti a superare il quorum del 50%, a conferma di quanto sia ancora fragile il rapporto tra cittadini e strumenti referendari. In altre parole, sebbene alcuni territori abbiano mostrato segnali di vitalità democratica, la maggior parte della regione continua a registrare livelli di coinvolgimento inferiori alle soglie storiche.
Una sfida che va oltre i candidati
Le Elezioni regionali della Toscana del 2025 si inseriscono in un contesto di partecipazione fluida e in trasformazione.
La sfida non riguarda soltanto i candidati in corsa, bensì anche la capacità del sistema politico di ricostruire, passo dopo passo, un legame autentico con i cittadini. Infatti, se da un lato i dati storici testimoniano come la Toscana abbia saputo esprimere identità, visione e radicamento democratico, dall’altro emerge con chiarezza una trasformazione profonda: oggi, la regione si confronta con nuove forme di disaffezione, alimentate da dinamiche sociali, culturali e istituzionali sempre più complesse. Di conseguenza, riattivare la partecipazione non significa solo mobilitare l’elettorato, ma anche ripensare il rapporto tra territorio e rappresentanza, tra memoria e futuro.
