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Una donna di Alba ottiene il risarcimento per una grave invalidità dopo la somministrazione del vaccino anti-Covid. Ma cosa significa davvero giustizia in tempi di emergenza sanitaria?
“Non cammino più”. Con queste parole, riportate da La Stampa il 18 ottobre 2023, una donna di Alba ha sintetizzato il dramma che l’ha colpita dopo la somministrazione del vaccino anti-Covid. La sentenza del tribunale ha riconosciuto il nesso causale tra la vaccinazione e la sua condizione invalidante, aprendo uno spiraglio di giustizia in un panorama spesso dominato da silenzi, tecnicismi e archiviazioni.
Il risarcimento, concesso dallo Stato, non è solo una cifra economica: è il riconoscimento di un dolore, di una responsabilità, di una storia che merita di essere ascoltata. Ma è anche un precedente giuridico che solleva interrogativi profondi sul rapporto tra salute pubblica e diritti individuali.
Il vaccino anti-Covid: tra fiducia e vulnerabilità
La campagna vaccinale contro il Covid-19 è stata, per molti, un atto di fiducia collettiva. Il vaccino anti-Covid è stato presentato come la chiave per uscire dall’emergenza, proteggere i più fragili, riaprire le scuole, salvare vite. E in larga parte, lo è stato.
Ma ogni atto medico comporta un rischio. E quando quel rischio si concretizza, la narrazione cambia. Secondo l’AIFA, gli eventi avversi gravi legati al vaccino anti-Covid sono rari, ma non inesistenti. La farmacovigilanza ha registrato casi di miocarditi, trombosi, neuropatie. La maggior parte si risolve, ma alcuni lasciano segni permanenti.
Il caso di Alba rientra in questa minoranza. Una minoranza che, proprio perché tale, rischia di essere ignorata. Eppure, ogni cittadino ha diritto alla verità, alla cura, al riconoscimento.
Giustizia e istituzioni: il nodo del risarcimento
Il risarcimento concesso alla donna di Alba è stato erogato attraverso il Fondo per i danni da vaccino, previsto dalla legge 210/1992. Un fondo che, sulla carta, tutela chi subisce danni irreversibili da trattamenti sanitari obbligatori o raccomandati.
Ma l’accesso a questo fondo è tutt’altro che semplice. Richiede perizie mediche, documentazione dettagliata, tempi lunghi. E spesso, la risposta è negativa. Il caso di Alba è quindi eccezionale non solo per l’esito, ma per la tenacia con cui è stato portato avanti.
Secondo l’avvocato che ha seguito il caso, “la sentenza non mette in discussione la validità del vaccino anti-Covid, ma riconosce che anche un atto collettivo può avere conseguenze individuali. E che lo Stato ha il dovere di farsene carico”.
Le voci del territorio: tra paura e solidarietà
Ad Alba, la notizia ha suscitato reazioni contrastanti. Alcuni temono che possa alimentare diffidenza verso il vaccino anti-Covid. Altri vedono nella sentenza un segnale di maturità istituzionale.
Una farmacista del centro storico racconta: “Abbiamo somministrato centinaia di dosi. La maggior parte delle persone ha avuto solo effetti lievi. Ma quando qualcuno soffre, è giusto che venga ascoltato”.
Un medico di base aggiunge: “La medicina non è infallibile. Il vaccino anti-Covid ha salvato milioni di vite, ma non possiamo ignorare chi ha pagato un prezzo altissimo. La trasparenza è la base della fiducia”.
E poi c’è la voce della protagonista, riportata dal quotidiano: “Non voglio fare polemica. Voglio solo che la mia storia serva a migliorare le cose. A rendere il sistema più umano”.
Riflessione finale: verso una narrazione civile
Il caso di Alba non è un attacco alla scienza. È un appello alla responsabilità. Il vaccino anti-Covid rimane uno strumento fondamentale di salute pubblica. Ma ogni strumento, per essere davvero etico, deve prevedere anche la gestione degli effetti collaterali.
La giustizia non è solo tribunale. È ascolto, riconoscimento, riparazione. E in tempi di emergenza, è ancora più urgente.
Come giornalisti, come cittadini, come esseri umani, abbiamo il dovere di raccontare anche ciò che disturba la narrazione dominante. Non per negarla, ma per renderla più completa. Perché solo una narrazione che include il dolore può generare vera fiducia.
Il vaccino anti-Covid ha segnato un’epoca. Ora tocca a noi decidere come raccontarla.