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Israele colpisce un veicolo a Gaza: 11 morti. Hamas non rinuncia al controllo e pone condizioni alla tregua. Gli USA faticano a consolidare la pace.
Il cessate il fuoco entrato in vigore il 10 ottobre nella Striscia di Gaza, frutto di un accordo negoziato tra Israele e Hamas con la mediazione degli Stati Uniti, si sta rivelando sempre più fragile. A meno di dieci giorni dalla sua attuazione, le violazioni si moltiplicano e il bilancio umano si aggrava.
Secondo quanto riportato da Al Jazeera, Israele ha ucciso 28 persone dall’inizio della tregua, tra cui undici membri di una stessa famiglia, colpiti mentre viaggiavano a bordo di un veicolo nel quartiere Zeitoun, nella città di Gaza. L’esercito israeliano ha giustificato l’attacco sostenendo che il mezzo aveva attraversato la cosiddetta “linea gialla”, confine che delimita le aree sotto il controllo militare israeliano.
La linea gialla e le ambiguità del controllo territoriale
La “linea gialla”, tracciata come parte del piano di ritiro dell’IDF (Israel Defense Forces), rappresenta un confine operativo che, pur lasciando le truppe israeliane all’interno della Striscia, dovrebbe garantire una zona di sicurezza. Tuttavia, la sua interpretazione e applicazione si stanno rivelando controverse. L’attacco a Zeitoun solleva interrogativi sulla reale volontà di rispettare il cessate il fuoco e sulla possibilità di distinguere tra minacce e civili in un contesto urbano devastato.
Hamas: “Non possiamo disarmarci”
A complicare ulteriormente il quadro è la posizione di Hamas, espressa dal dirigente Mohammed Nazzal in un’intervista a Reuters. Il gruppo armato palestinese ha dichiarato di voler mantenere il controllo della sicurezza a Gaza “per un periodo ad interim” e di non poter “impegnarsi a disarmarsi” in questa fase.
Nazzal ha aggiunto che Hamas è disposto a rispettare una tregua di cinque anni, utile alla ricostruzione della Striscia. Tuttavia, il gruppo pone una condizione: ai palestinesi devono essere garantiti “orizzonti e speranza” per la creazione di uno Stato.
Reuters sottolinea che queste dichiarazioni mostrano quanto gli Stati Uniti fatichino a consolidare una pace duratura. I nodi irrisolti – dal disarmo alla governance post-bellica – continuano a ostacolare gli sforzi diplomatici.
Il ritorno dei corpi degli ostaggi
Nel frattempo, Israele ha ricevuto il corpo di Eliyahu “Churchill” Margalit, 75 anni, residente nel kibbutz di Nir Oz. Margalit era stato rapito da Hamas il 7 ottobre 2023, durante l’attacco al kibbutz, e il suo corpo è stato restituito nell’ambito dell’accordo sul cessate il fuoco. La sua identificazione è stata confermata dall’ufficio del Primo Ministro israeliano e dal Hostage Family Forum.
La restituzione dei corpi degli ostaggi è uno degli elementi più delicati dell’intesa. Finora, Hamas ha consegnato nove salme, mentre la Turchia ha annunciato l’invio di 81 esperti per collaborare al recupero dei restanti 19 corpi ancora dispersi a Gaza.
Una tregua che vacilla
Il cessate il fuoco, entrato in vigore dopo 735 giorni di guerra, è stato salutato come un primo passo verso la pace. Tuttavia, le continue violazioni, le tensioni diplomatiche e le posizioni inconciliabili tra le parti mettono a rischio la sua tenuta. Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha già minacciato di riprendere i combattimenti se Hamas non rispetterà l’accordo. “Israele, in coordinamento con gli Stati Uniti, agirà per ottenere la sconfitta totale di Hamas”, ha dichiarato.
Il cessate il fuoco a Gaza, pur rappresentando una speranza per milioni di civili, si sta trasformando in un campo minato diplomatico e militare. Le morti civili, le tensioni politiche e il ritorno dei corpi degli ostaggi compongono un quadro drammatico, in cui la pace sembra ancora lontana.