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I nuovi dazi potrebbero ridurre le vendite italiane negli Usa di circa 16,5 miliardi (rispetto a uno scenario senza tariffe), pari al 2,7% dell’export totale. Lo si legge nella congiuntura flash di Confindustria.
Dazi USA, l’impatto nel manifatturiero
L’impatto è maggiore per settori centrali del manifatturiero. L’automotive appare il più colpito. Poi ci sono anche alimentari e bevande, macchinari, pelli e calzature, ed altre attività manifatturiere. Le perdite si amplificano se si considerano gli effetti indiretti, lungo le catene di produzione europee, del calo dell’export negli Usa degli altri paesi Ue sulla domanda di input italiani. L’impatto complessivo tocca il -3,8% dell’export manifatturiero, -1,8%della produzione. Nel lungo periodo, è forte l’incentivo a rilocalizzare alcune produzioni nel mercato Usa. Il rischio per l’industria europea è di perdere parti vitali del tessuto produttivo.
Export italiano crollato
L’export italiano di beni verso gli Usa, sottolinea ancora il Csc, “è crollato in agosto (-21,1% su agosto 2024), dopo un forte aumento nella prima parte dell’anno dovuto al frontloading pre-dazi. Ciò ha contribuito per piu’ di due terzi alla caduta dell’export extra-Ue (-7,0% tendenziale; -1,1% il totale mondo)”. Il nuovo regime tariffario tra le due sponde dell’Atlantico – ricorda Confindustria – ha acquisito connotazioni piuttosto definite. Abbiamo tariffe azzerate sugli acquisti Ue di prodotti industriali Usa. Ci sono dazi al 15% su gran parte dell’import Usa dalla Ue (compresi auto, farmaci non generici, semiconduttori). Ci sono tariffe Usa nulle o quasi su altri prodotti Ue in settori strategici (aerei, farmaci generici, alcune risorse naturali). Invariati i dazi del 50% su acciaio e alluminio, anche se l’accordo apre alla possibilità di ampliare la lista dei prodotti preferenziali (con riduzione tariffaria entro un certo volume”).
Accordi tra Stati ed imprese private
Tuttavia, secondo il Csc, “l’accordo include impegni da parte europea di esito incerto, perché investono ambiti di competenza delle autorità nazionali e anche delle imprese private. Acquistiamo dagli Stati Uniti gas ed energia (750 miliardi di dollari entro il 2028), chip IA (40 miliardi) e attrezzature militari. Ci sono investimenti diretti in settori strategici Usa (600 miliardi addizionali). Infine, il presidente Trump nelle sue dichiarazioni ha incluso anche richieste sulle politiche commerciali UE con paesi terzi, come Cina e India, che intrattengono rapporti economici e strategici con la Russia (p.e. acquisto di petrolio e gas). Il rischio è di aprire nuovi fronti di escalation tariffaria per i prodotti europei”.
Prodotti europei penalizzati
Secondo Confindustria, “dazi ed euro forte sul dollaro (che essi stessi hanno determinato) penalizzano molto la competitivita’ di prezzo dei beni europei negli Usa, soprattutto rispetto alle produzioni domestiche americane, e anche nel resto del mondo. Gli acquisti Usa dalla UE si sono ridotti dell’8,7% annuo in giugno-luglio. Una dinamica peggiore di quella, piatta, per il totale dell’import Usa, che e’ stato ancora sostenuto dall’aumento degli acquisti da alcuni paesi asiatici (Cina esclusa), per anticipare il rialzo dei dazi reciproci in agosto (frontloading). Il calo dell’import Usa dalla Ue e da altri importanti paesi fornitori risulta di entità simile, in valore assoluto, al livello effettivo dei dazi sui prodotti: gli acquisti dalla Cina sono crollati del 39,9% in giugno-luglio, con una tariffa media applicata del 37,7%. I flussi da UK e paesi Usmca (Canada e Messico) si sono ridotti di meno, grazie a dazi effettivi più moderati, minori della media mondiale.”