
La notte tra giovedì 16 e venerdì 17 ottobre 2025, un gravissimo atto intimidatorio prendeva di mira il giornalista di inchiesta Sigfrido Ranucci, conduttore del programma Report su Rai3. Un ordigno rudimentale sotto l’auto di Ranucci, parcheggiata davanti alla sua abitazione a Campo Ascolano (frazione di Pomezia – Roma) faceva saltare in aria la sua auto e anche quella della figlia. Secondo le prime indagini lo stesso conteneva circa un chilo di esplosivo, e pare sia stato lasciato con miccia accesa, tra due vasi esterni alla villetta. Non è stato attivato da remoto o con timer. Le indagini saranno portate avanti dalla Digos, dai Carabinieri, con il coordinamento della Procura competente. Tra le piste esplorate: criminalità locale, ultras, frange dell’estrema destra, e minacce legate al lavoro di inchiesta del giornalista.
Le reazioni all’attentato di Ranucci
Oggi tutti esprimono solidarietà, fra loro: giornalisti, sindacati e istituzioni. La Federazione Nazionale Stampa Italiana (Fnsi) lo definisce un «attentato che riporta indietro l’orologio della democrazia». La Rai inve «respinge ogni minaccia» ricordando che la libertà di informazione è «essenza della nostra democrazia». Anche il mondo politico ha reagito: commenti bipartisan che sottolineano che colpire un giornalista significa colpire la democrazia. Nel frattempo è emerso che, nei giorni precedenti, Ranucci aveva annunciato nuove inchieste — tra cui temi sensibili come appalti, mafia e sanità — e che la logica dell’attentato potrebbe essere un avvertimento.
Ma cosa significa l’attentato a Ranucci ?
L’attentato non è solo un’aggressione personale contro un giornalista: è un segnale vergognoso ed inquietante verso il giornalismo d’inchiesta e alla libertà di stampa. Un tale livello di violenza intimidatoria dimostra che «vedere, capire e raccontare» può ancora rappresentare un rischio reale. L’atto ha una doppia gravità: colpisce una persona, ma colpisce anche il diritto dei cittadini a essere informati, in ambienti liberi da pressioni, minacce e paure. Oggi, dove il vero giornalismo imparziale ed indipendente, è sempre più una rarità, questo gesto vigliacco rappresenta il limite oltre il quale non si può andare. Dopo questo gesto, non solo bisogna esprimere solidarietà, ma bisogna con forza respingere ogni attacco alla democrazia ed alle sue libertà.
Il valore del giornalismo d’inchiesta
In un momento storico in cui i mezzi d’informazione corrono tra disintermediazione, polarizzazione, delegittimazione reciproca e sfiducia galoppante verso la “classe dei giornalisti”, il lavoro di inchiesta rimane una delle poche vie, anzi l’unica, capaci di garantire l’emersione della verità, il controllo critico alle sfere di potere. Coraggio e determinazione alla base di un lavoro che oggi raggiunge proporzioni eroiche, che necessita di stare lontano e di non essere legato a giochi di potere, che non prevede protezione alcuna, se non quella che a Ranucci viene messa a disposizione spontaneamente dal cittadino comune ed onesto.
Ranucci ed il suo giornalismo
Oggi, purtroppo, il giornalismo libero, autonomo, sostenuto da una redazione che non si piega ai condizionamenti, è sempre di più l’eccezione e non la norma. Difatti il giornalismo moderno, se tale si può chiamare, è contaminato da meccanismi di finanziamento che generano conflitti di interesse, pressioni politiche o economiche dirette o indirette, infine aggressioni digitali e fisiche (minacce, odio online, intimidazioni). Il tutto non protetto da logiche editoriali che privilegiano il click facile o il sensazionalismo anziché l’approfondimento.
Alcune riflessioni
Proprio per questo, atti come l’aggressione a Ranucci assumono un significato che va ben oltre il singolo episodio: bisogna pertanto operare una riflessione sul valore dell’informazione libera, sullo spazio che diamo a inchieste autonome, e sulla resistenza che serve per mantenerle attive. Sempre più drammatica è la fragilità del diritto all’informazione libera. Tutti devono sentirsi coinvolti. La difesa della libertà di stampa è una responsabilità collettiva. Le istituzioni devono fare la loro parte ma anche i media, le redazioni, gli editori e il pubblico devono essere vigili e critici. L’episodio che colpisce Ranucci non è solo “l’attentato a un giornalista”: se la vera inchiesta rimane l’eccezione la democrazia sarà solo un mantello ipocrita sotto il quale nascondere le mancanze di una società ormai al collasso ideologico e morale.