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Le Nazioni Unite hanno approvato il piano di pace proposto dal presidente Usa Trump. A New York la Russia e la Cina si sono astenute dal voto. Ora l’Anp dovrà lavorare a un piano di riforme. Nel frattempo almeno 100 miliziani di Hamas restano asserragliati nei tunnel sotto Gaza e l’organizzazione ha detto che non consegnerà le armi. Emerge il ruolo attivo degli Stati Uniti nella gestione del conflitto israelo-palestinese. E’ inoltre un tentativo di consolidare un cessate il fuoco fragile entrato in vigore il 10 ottobre 2025, dopo mesi di escalation militare tra Israele e Hamas.
Nazioni Unite, Russia e Cina si astengono sul piano di pace
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione statunitense sul piano di pace di Donald Trump per la Striscia di Gaza. Sono stati 13 i voti favorevoli al piano. Non meravigliano le astensioni di Russia e Cina. L’iniziativa riflette il ruolo attivo degli Stati Uniti nella gestione del conflitto israelo-palestinese e il tentativo di consolidare un cessate il fuoco fragile entrato in vigore il 10 ottobre 2025, dopo mesi di escalation militare tra Israele e Hamas. Il piano di pace di Trump rappresenta un tentativo ambizioso di stabilizzare Gaza attraverso un approccio multilaterale e militare-coordinato. Tuttavia le divisioni tra attori internazionali e locali ne rendono incerta l’attuazione. Se da un lato la risoluzione ONU segna un passo politico significativo, dall’altro rimane da vedere se la forza internazionale potrà effettivamente garantire sicurezza e smilitarizzazione in un contesto ancora segnato da conflitti e resistenze locali.
La Forza Internazionale di stabilizzazione
Al centro del progetto c’è l’ISF, la Forza Internazionale di stabilizzazione. Gli obiettivi saranno i seguenti:
- Garantire la sicurezza delle aree di confine e prevenire infiltrazioni armate;
- Smilitarizzare progressivamente la Striscia di Gaza, disarmando gruppi armati non statali;
- Proteggere i civili e assicurare il funzionamento dei corridoi umanitari;
- Operare in coordinamento con Israele, Egitto e la polizia palestinese addestrata, con l’obiettivo di stabilizzare un territorio storicamente fragile.
La forza internazionale, sostenuta da Washington e da Paesi arabi e musulmani come Egitto, Arabia Saudita e Turchia, rappresenta un tentativo di mediazione multilaterale, ma la sua efficacia dipenderà dalla capacità di mantenere neutralità e dalla collaborazione delle autorità locali.
