
Alla Continassa si mastica amaro e si sogna a occhi aperti. Dopo una stagione piena di contraddizioni, cambi in corsa e allenatori bruciati più in fretta delle pizze in un forno napoletano, la domanda è tornata d’attualità con tutta la sua forza: chi sarà il prossimo allenatore della Juventus?
Eppure un nome ce l’avrebbero già. Ce l’hanno in casa. Ha appena centrato la qualificazione alla prossima edizione di Champions League. È croato, ha grinta da vendere e carattere da spogliatoio vero: Igor Tudor. Ma come sempre, alla Juventus, ciò che funziona spesso viene messo in discussione e non utilizzato.
Conte e Gasperini: “no grazie” Juventus, ci vediamo altrove
Partiamo dai grandi rifiuti, quelli che fanno rumore. Antonio Conte, da molti considerato il ritorno del figliol prodigo, ha detto “no grazie” e ha deciso di restare al Napoli, confermando che a volte è meglio comandare al Maradona che ricominciare una crociata bianconera.
Poi c’è Giampiero Gasperini, l’alternativa “evoluta”, il maestro del pressing e del 3-4-2-1 verticale. La Juve ci ha provato, eccome. Ma il Gasp ha scelto la Roma, accettando la sfida di rilanciare i giallorossi. Per Torino, neanche il tempo di sognarlo e forse non voluto cosi in fondo.
Thiago Motta, il grande esperimento… fallito dalla Juventus
E qui arriva il nodo più imbarazzante. L’allenatore della stagione appena conclusa era Thiago Motta, chiamato come salvatore della patria dopo il miracolo Bologna. Doveva portare la Juve nel calcio del futuro, fatto di palleggio intelligente, aggressività alta, costruzione dal basso.
È finita invece con un esonero a nove giornate dalla fine del campionato.
Il progetto Motta si è sciolto come neve al sole di maggio. Tra incomprensioni tattiche, una squadra senza anima e risultati deludenti, la dirigenza ha scelto di cambiare. E in corsa, quasi come mossa disperata, è stato richiamato lui: Igor Tudor.
Tudor, il pompiere che ha fatto miracoli (ma non fa notizia)
Il croato, subentrato in un clima teso e sfiduciato, ha fatto quello che nessuno si aspettava: ha centrato il quarto posto, riportando la Juventus in Champions League. Un traguardo fondamentale non solo per il prestigio, ma anche per le casse societarie.
E ora? Tra 15 giorni la Juventus volerà in America per il Mondiale per Club, dove il tecnico croato dovrebbe guidare la squadra in quella che sarà una vetrina globale. Ma al momento, da Torino, nessuno ha ancora ufficializzato il suo futuro.
Il problema? Tudor non è una figurina rara
Il vero problema di Tudor è semplice: non fa sognare. Non ha l’alone mistico di Klopp, la narrazione epica di Conte o il gioco champagne promesso da Motta. Tudor è uno che lavora. Uno che parla poco, ma mette ordine. Che allena davvero. E che in due mesi ha fatto vedere più identità che altri in due stagioni.
Non sarà sexy, ma è concreto. Eppure, alla Juventus, il concreto sembra dare fastidio. Perché vendere l’immagine di una Juve “operaia” fa meno tendenza che parlare di rivoluzioni estetiche e cicli da ricostruire.
Il bivio è ora: continuità o ennesima rivoluzione?
In questo contesto, la domanda vera non è “Tudor sì o Tudor no”, ma: la Juventus vuole finalmente costruire qualcosa o continuerà a rincorrere mode, nomi, suggestioni?
Con un Mondiale per Club alle porte e un futuro da programmare, il tempo dei casting ancora non si sà quando finirà. Tudor ha dimostrato di saperci fare. Ha riportato equilibrio, grinta, risultati. Non sarà il profeta del calcio moderno, ma ha fatto tornare la Juve a essere una squadra.
E per una società che negli ultimi anni ha confuso il “bel gioco” con il “bel caos”, forse è il momento di scegliere la sostanza. Anche se si chiama Igor, viene da Spalato e non ha un profilo Instagram da influencer.
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