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Il referendum dell’8 e del 9 Giugno non ha raggiunto il quorum. Cinque erano i quesiti, quattro sul lavoro ed uno sulla cittadinanza. Si sono attestati tutti a poco più del 30%. Nel Partito Democratico, l’area riformista chiede il conto. Ad alzare di più i toni Pina Picierno.
Referendum, l’area riformista chiede il conto
L’area riformista del Pd alla resa dei conti con Elly Schlein dopo il risultato non brillante dei referendum. Con due modalità diverse, però. I toni duri, a caldo, di Pina Picierno, Elisabetta Gualmini, Filippo Sensi. La scelta della minoranza bonacciniana è invece quella di evitare di affondare il colpo. Bonaccini e compagni vogliono valorizzare comunque i 14 milioni che hanno votato e chiedere un confronto. Chiedono una “riflessione” in Direzione su “quello che serve per vincere le elezioni, su quello che ha funzionato e non funzionato” fin qui. La riunione non è ancora in agenda. Nei prossimi giorni ci sarà una Direzione ma con il bilancio all’odg. Servirà una convocazione ad hoc.
Le parole di Bonaccini
La posizione dell’area nella lunga nota di Stefano Bonaccini: “Si è mancato l’obiettivo e quando oltre due terzi degli italiani non rispondono è necessario riflettere”, sottolinea il presidente del Pd. Ma aggiunge: “Fossi nella destra, tuttavia, eviterei certi toni di scherno: pochi o tanti che siano, i circa 14 milioni di elettori che hanno partecipato sono più della somma dei voti di tutti i partiti che sostengono il governo Meloni alle ultime elezioni politiche. Dunque consiglierei di tenerne conto e non deriderli”.
Referendum, dura Picierno
Così la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, che mette agli atti via social: “Una sconfitta profonda, seria, evitabile. Purtroppo un regalo enorme a Giorgia Meloni e alle destre”. “Fuori dalla nostra bolla – continua Picierno – c’è un Paese che vuole futuro e non rese di conti sul passato. Ora maturità, serietà e ascolto, evitando acrobazie assolutorie sui numeri”. Il riferimento è alla linea scelta dalla segreteria Schlein di sottolineare come i 14 milioni al voto siano superiori agli elettori che hanno portato Giorgia Meloni a palazzo Chigi che nel 2022 furono 12 milioni e 300mila. Dura l’analisi anche dell’eurodeputata Elisabetta Gualmini: “Aver mobilitato tutto il partito (democratico), tutti i circoli, tutti i dirigenti su un referendum che doveva ‘correggere gli errori del vecchio Pd’ si è rivelato un boomerang. Un referendum politico contro se stessi”.

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