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La Knesset vota il disegno di legge per estendere la sovranità israeliana sulla Cisgiordania: un passaggio preliminare che riaccende il conflitto e mette a rischio la nascita di uno Stato palestinese.
Con un solo voto di scarto, il Parlamento israeliano ha approvato in prima lettura un disegno di legge che punta ad applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania, (come riportato dall’Espresso) territorio occupato dal 1967 e considerato dalla comunità internazionale parte integrante del futuro Stato di Palestina. La proposta, avanzata da Avi Maoz, leader del partito ultraconservatore Noam, ha ricevuto 25 voti favorevoli e 24 contrari. Un equilibrio precario che riflette le tensioni interne alla Knesset, dove persino il premier Netanyahu ha invitato i deputati del suo partito, il Likud, ad astenersi.
Da Ma’ale Adumim alla West Bank intera
Il disegno di legge si affianca a un’altra proposta, già approvata con 32 voti contro 9, che prevede l’annessione dell’insediamento di Ma’ale Adumim, a est di Gerusalemme. Un’area strategica, al centro del famigerato “progetto E1”, che mira a collegare gli insediamenti israeliani e a spezzare la continuità territoriale tra Ramallah, Gerusalemme Est e Betlemme. Se attuato, questo piano renderebbe logisticamente impossibile la formazione di uno Stato palestinese coeso.
Una sovranità che divide
L’annessione della Cisgiordania non è solo una questione di confini: è una frattura giuridica, politica e morale. Secondo il diritto internazionale, i territori occupati non possono essere annessi unilateralmente. Tuttavia, la legge israeliana mira a estendere la giurisdizione civile e militare su un’area dove vivono oltre tre milioni di palestinesi e circa 700.000 coloni israeliani.
La mossa ha suscitato reazioni durissime. La Giordania e il Qatar hanno parlato di “provocazione illegale”, mentre gli Stati Uniti, per voce del Segretario di Stato Marco Rubio, hanno espresso “profonda preoccupazione”, sottolineando che l’annessione Cisgiordania potrebbe compromettere il fragile cessate il fuoco a Gaza e il piano di pace promosso dal presidente Trump.
Un sogno antico, una realtà esplosiva
L’annessione della Cisgiordania è da decenni un obiettivo di parte della destra israeliana, che considera quei territori — Giudea e Samaria, nella terminologia biblica — parte integrante dello Stato ebraico. Ma oggi, quel “sogno” rischia di diventare un incubo geopolitico. L’approvazione in prima lettura non ha valore esecutivo, ma rappresenta un segnale politico fortissimo: la volontà di trasformare l’occupazione in legge.
Il contesto: Gaza, coloni e silenzi
Il voto arriva in un momento delicatissimo. Mentre l’attenzione internazionale è concentrata su Gaza, dove è in corso una fragile tregua, gli insediamenti in Cisgiordania si sono moltiplicati. La violenza dei coloni contro i palestinesi è aumentata, spesso con la complicità tacita delle autorità militari. Eppure, nei grandi piani di pace — da Oslo agli Accordi di Abramo, fino al piano Trump — la Cisgiordania è sempre stata il convitato di pietra: presente nei fatti, assente nei testi.
Una legge, molte fratture
Il primo sì della Knesset all’annessione Cisgiordania non è solo un atto legislativo. È una dichiarazione d’intenti che rischia di seppellire definitivamente la soluzione a due Stati, alimentare nuove ondate di violenza e isolare Israele sul piano diplomatico. La legge dovrà affrontare altri due passaggi in Aula, ma il segnale è già arrivato forte e chiaro: la mappa del Medio Oriente potrebbe cambiare ancora, e non in meglio.