Fonte foto: Viola Ardone
Attivista ebreo a bordo della Flotilla denuncia l’assedio di Gaza e l’intercettazione come atto di pirateria.
A bordo dell’Ohwayla, una delle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla, David Adler — attivista ebreo e voce instancabile della solidarietà internazionale — ha scritto quella che potrebbe essere la sua ultima lettera. A sole 120 miglia nautiche da Gaza, il convoglio umanitario è stato minacciato da navi da guerra israeliane, in un contesto che Adler definisce senza esitazioni “il preludio a ciò che abbiamo a lungo temuto: il rapimento illegale da parte di Israele in acque internazionali”.
La lettera, diffusa poche ore prima dell’intercettazione prevista, è un appello accorato alla coscienza collettiva. Non solo denuncia l’ostruzione violenta di una missione pacifica, ma celebra il potere dell’azione condivisa. “Anche se questa volta non completeremo la missione,” scrive Adler, “la Flotilla Sumud ha già ottenuto moltissimo.”
Un attivista ebreo in prima linea per Gaza
David Adler non è nuovo all’impegno politico e umanitario. La sua identità di attivista ebreo è centrale nel messaggio che porta: una voce che si oppone all’occupazione e all’assedio, nonostante le implicazioni personali e politiche. La sua presenza sulla Flotilla Sumud, insieme a medici, pescatori, studenti e pensionati provenienti da 44 paesi, è un atto di rottura e di costruzione.
“Abbiamo scelto con occhi aperti e cuori pieni,” scrive, consapevole del rischio imminente. “Quando le autorità israeliane saliranno a bordo delle nostre navi, sappiate che commetteranno un atto di pirateria.”
La sua testimonianza è tanto più potente perché proviene da un attivista ebreo che rifiuta la narrazione dominante e si schiera apertamente contro le politiche israeliane. “Vediamo come spiegheranno alla comunità internazionale che il nostro umile tentativo di portare cibo ai bambini affamati di Gaza rappresenta una minaccia alla loro sicurezza nazionale. Nessuno ci crederà.”
La Flotilla come atto di costruzione
La Flotilla Sumud non è solo un gesto simbolico. È un progetto concreto: creare un corridoio umanitario permanente via mare per raggiungere Gaza. Adler lo ribadisce con forza: “Anche se le nostre barche verranno intercettate, quell’idea non potrà essere fermata. La richiesta di un corridoio sopravvivrà a questa Flotilla.”
Il suo messaggio è chiaro: l’azione collettiva è l’unica risposta possibile all’ingiustizia. “Quando rifiutiamo di accettare l’inaccettabile, quando mettiamo i nostri corpi tra l’ingiustizia e le sue vittime, possiamo davvero alterare il corso della storia.”
Un grido di rivolta e speranza
La lettera si chiude con un invito alla mobilitazione. Adler non chiede pietà, ma partecipazione. “Fate quei post su Instagram, urlate contro i nostri patetici rappresentanti, e unitevi alla nostra richiesta per un corridoio ora. Non come un sogno, ma come politica concreta.”
Il tono è insieme grave e luminoso. Nonostante la minaccia, Adler trasmette una fiducia profonda nella solidarietà globale. “Credo che più di ogni altra cosa, voglio ringraziarvi per il vostro sostegno, il vostro amore e la vostra compagnia in questa missione.”
L’eredità di un attivista ebreo
La lettera di David Adler è destinata a diventare un documento simbolico di resistenza e speranza. In un mondo in cui “portare cibo a bambini affamati viene chiamato terrorismo,” la sua voce si leva come testimonianza di un’altra possibilità: quella di un’umanità che non si arrende.
La sua identità di attivista ebreo non è un dettaglio, ma un punto di rottura. È la prova che la solidarietà può superare i confini dell’appartenenza e trasformarsi in azione concreta. E anche se l’Ohwayla verrà intercettata, il messaggio di Adler continuerà a navigare.

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