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Il calcio, secondo il giornalista Francesco Bertolino, è ormai in mano ai fondi. Tuttavia, quando è così, bisogna capire che “l’investimento di un fondo in una società è un contratto di matrimonio che prevede già il divorzio”.
Il calcio è ormai lontano da presidenti tifosi
Scrive ancora Bertolino: gli “esperti di finanza, consci che, quando un fondo decide di entrare nel capitale di un’azienda, è perché ha già immaginato come uscirne più ricco. Più difficile da far digerire il concetto a un pubblico di tifosi, per cui la squadra del cuore è un amore per la vita.” E ancora: “negli ultimi anni il calcio è diventato terreno di conquista per i grandi investitori. Oltre un terzo dei club delle cinque grandi Leghe – Serie A, Premier League, Liga spagnola, Ligue 1, Bundesliga – ha un legame finanziario con un fondo. Questo a volte veste la maglia dell’azionista, altre indossa quella del creditore. Nella rosa del private equity figurano, per esempio, Inter (Oaktree), Milan (Redbird), Hellas Verona (Presidio), Liverpool (Fenway), Chelsea (Clearlake). Da ultimo troviamo l’Atletico Madrid, passato sotto il controllo del colosso americano Apollo in un’operazione da 2,2 miliardi.”
Club sempre più oberati dai debiti
Il calcio non conosce più i mecenati stile Berlusconi o Moratti. Sempre Bertolino scrive: “Già oberati da oltre 28 miliardi di passivo, i bilanci dei club non possono sopportare ulteriori debiti. Né per finanziare investimenti sullo sviluppo né tantomeno l’acquisto di calciatori. Per una società di calcio, poi, non è possibile acquisire altre aziende concorrenti per aumentare i fatturati. A meno di non voler ricorrere al modello della multiproprietà alla Red Bull o Manchester City, che però incontra severe restrizioni da parte della Uefa e delle federazioni nazionali.”
Tra debiti ed affari immobiliaristici
Bertolino cita con precisione i dati debitori di alcune società ed il tentativo di guadagnare attraverso il calcio, anche per vie indirette. “C’è chi ci riesce da anni grazie alla capacità di valorizzare talenti cresciuti in casa oppure scovati in giro per il mondo. Le famose plusvalenze che per alcuni club non sono entrate o uscite eccezionali, ma ormai una voce della gestione ordinaria. È il caso dell’Atalanta che, infatti, ha attratto l’interesse di un investitore che del private equity ha fatto il mestiere di una vita. E’ Stephen Pagliuca, già presidente del colosso americano Bain. L’atletico Madrid è un altro esempio di club che è riuscito a coniugare risultati sportivi e di bilancio grazie alla gestione della rosa: mentre Real Madrid e Barcellona hanno speso negli ultimi 10 anni per il calciomercato rispettivamente 667 e 673 milioni in più di quanto hanno incassato, l’atletico Madrid ha limitato il deficit a 196 milioni. A questa caratteristica, la squadra dei colchoneros (i materassai) aggiunge anche sviluppi immobiliari particolarmente interessanti per Apollo: la costruzione della nuova Ciudad del Deporte, la cittadella sportiva che dovrebbe garantire fra i 75 e i 100 milioni di entrate annuali aggiuntive per la società.”
I Club ideali nei quali investire
Meglio investire, secondo Bertolino, in club che mirino al piazzamento Champions: “Il club ideale per un fondo è quello che veleggia sempre intorno al terzo-quarto posto di una grande Lega, con la facoltà ma non l’obbligo di provare a vincere il campionato – spiega il manager di un grande private equity internazionale – può avere accesso regolarmente alla Champions League e alle sue ricche distribuzioni (2,5 miliardi nel 2025/26, ndr) senza doversi svenare per competere per il primo posto». Facile se sei l’atletico Madrid che deve contendersi la qualificazione nella massima coppa europea con due-tre squadre al massimo. Più difficile se ti chiami Juventus o Arsenal e sei obbligato ad ambire alla vittoria dello scudetto e, in un campionato competitivo come la Serie A e la Premier League, devi investire sulla rosa anche solo per conquistare un posto in Champions.”
I casi di Inter e Milan
Dietro Inter e Milan, secondo Bertolino, ci sarebbero investimenti immobiliari come risulta dal recente acquisto di San Siro e delle aree limitrofe. “Nel caso di Inter e Milan il movente è soprattutto immobiliare: Oaktree e Redbird hanno da poco ottenuto il via libera all’acquisto dell’area di San Siro, dove sorgeranno uffici, negozi e, soprattutto, il nuovo stadio di Milano. Il progetto da 1,3 miliardi porterà nuovi incassi e rafforzerà la patrimonializzazione dei club, aumentandone il valore sul mercato in vista di una futura vendita. A chi? Magari a un altro fondo, più probabilmente a qualche investitore privato dalle tasche ampie. «Acquistare uno dei top club di calcio europei è come comprare un quadro di Picasso», dice il gestore del fondo: è un “trofeo” da esporre in bacheca per piacere o con l’auspicio che si rivaluti.”
Gli investimenti dei magnati
Sempre Bertolino scrive che “in un sondaggio condotto da Jp Morgan fra 111 magnati con un patrimonio complessivo di 500 miliardi, il 20% degli intervistati ha dichiarato di possedere una partecipazione di controllo in una società sportiva (era il 6% nel 2022). Questo afflusso di capitali ha portato il valore delle Leghe statunitensi ed europee — di calcio e non -—a superare i 400 miliardi di dollari, mentre il valore delle operazioni concluse nel settore è cresciuto di otto volte in cinque anni. Basti pensare che la famiglia Glazer ha rilevato il Manchester United per circa 900 milioni nel 2005 e l’ha rivenduto nel 2025 a sir Jim Ratcliffe per 4,9 miliardi. Oppure che il conglomerato americano Fenway Sports Group ha acquistato il Liverpool per poco più di 340 milioni nel 2010 e oggi si ritrova un club valutato 4,8 miliardi.”
Si investe anche per la fama
Ancora Bertolino ci spiega un ulteriore motivo per cui anche investitori piccoli e medi investono in team blasonati: “Oltre alle prospettive di apprezzamento, però, c’è un altro motivo per cui molti fondi sono oggi interessati a entrare nel capitale di club blasonati: è la fama anche se pare strano per investitori abituati a muoversi con massima discrezione. Il private equity sta uscendo dai circoli ristretti degli istituzionali per aprirsi al pubblico dei —si fa per dire —piccoli investitori, degli individui con patrimoni che vanno da un minimo di 100 mila dollari a oltre 30 milioni. Da questo canale si attende nei prossimi anni un flusso di migliaia di miliardi verso gli investimenti alternativi, private equity e credit in testa. I colossi di settore si stanno attrezzando per intercettarlo.”
Una riflessione
E’ sotto gli occhi di tutti la finanziarizzazione del mondo del calcio. Le cifre che girano intorno al mondo del pallone sono sempre più impressionanti. Tanti campioni ormai, spinti anch’essi dalla smania di guadagnare di più, si spingono verso lidi dorati non solo come la Premier, ma anche come i diversi campionati arabi. Sembra davvero che un calcio fatto anche di cuore, di appartenenza, di attaccamento alla maglia stia sparendo. Davvero i tifosi sono disposti a seguire una deriva che ormai sembra irreversibile?
