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Espulsione attivisti Flotilla: 137 rimpatriati da Israele, tra cui 9 svizzeri e 26 italiani, dopo giorni di tensione diplomatica
Dopo giorni di tensione internazionale, Israele ha espulso 137 attivisti della Global Sumud Flotilla, intercettata mentre tentava di raggiungere Gaza con aiuti umanitari. Tra loro anche 9 cittadini svizzeri, compresi i ticinesi Fabrizio Ceppi e Vanni Bianconi, atterrati nel pomeriggio di sabato all’aeroporto di Istanbul. L’operazione di rimpatrio, confermata dal ministero degli Esteri israeliano, ha coinvolto attivisti provenienti da oltre 15 Paesi.
I cittadini svizzeri: tra solidarietà e disobbedienza
Secondo quanto riportato dalla RSI, i cittadini svizzeri espulsi hanno firmato la dichiarazione richiesta dalle autorità israeliane, accettando il rimpatrio volontario. Il volo charter, partito dall’aeroporto Ramon di Eilat, è atterrato a Istanbul alle 15.50 ora locale (14.50 in Svizzera). Ad accoglierli, funzionari consolari e sostenitori della causa palestinese.
La presenza di Ceppi e Bianconi, noti per il loro impegno culturale e civile, ha suscitato grande attenzione in Ticino. La loro partecipazione alla Flotilla è stata interpretata come un gesto di solidarietà attiva, volto a denunciare il blocco di Gaza e a promuovere il diritto internazionale.
Un volo carico di tensioni
A bordo dell’aereo vi erano 26 cittadini italiani, 36 turchi, 23 malesi e altri provenienti da Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Algeria, Marocco, Kuwait, Libia, Mauritania, Tunisia, Giordania e Svizzera. L’eterogeneità del gruppo riflette la natura internazionale e intersezionale della Flotilla, composta da attivisti, parlamentari, giornalisti e operatori umanitari.
Il ministero degli Esteri israeliano ha definito gli attivisti “provocatori della flottiglia Hamas-Sumud”, sottolineando l’intenzione di accelerare l’espulsione di tutti i partecipanti. In un comunicato su X, ha denunciato che “alcuni di loro stanno deliberatamente ostacolando il processo legale di espulsione”.
Chi resta: la disobbedienza come scelta politica
Mentre molti attivisti hanno scelto il rimpatrio volontario, decine di rappresentanti della Flotilla sono ancora detenuti in Israele. Alcuni hanno deciso di sottoporre il proprio gesto di disobbedienza al giudizio di un tribunale, rifiutando di firmare la dichiarazione di espulsione.
Secondo fonti diplomatiche, questa scelta è stata concordata all’interno del movimento fin dall’inizio: chi resta lo fa per testimoniare, per proteggere gli attivisti meno tutelati e per denunciare le condizioni di detenzione. Le autorità israeliane hanno confermato che per questi attivisti si aprirà un procedimento giudiziario, che potrebbe concludersi con l’espulsione coatta entro 72 ore.
Implicazioni diplomatiche e mediatiche
L’espulsione degli attivisti ha riacceso il dibattito sul diritto di manifestare, sulla legalità del blocco navale e sul ruolo delle missioni umanitarie. In Svizzera, diverse associazioni hanno espresso solidarietà ai cittadini rimpatriati, mentre a Ginevra e Berna si sono svolte manifestazioni in loro sostegno.
Il governo svizzero, pur mantenendo una posizione prudente, ha monitorato la situazione attraverso i canali consolari. La presenza di cittadini svizzeri nella Flotilla ha sollevato interrogativi sulla libertà di movimento, sulla criminalizzazione della solidarietà e sul rispetto dei diritti umani.
Una missione che ha fatto rumore
La Global Sumud Flotilla, pur non riuscendo a raggiungere Gaza, ha ottenuto un impatto mediatico significativo. Il suo messaggio – portare aiuti e rompere simbolicamente l’assedio – ha raggiunto il cuore di molte comunità internazionali. L’espulsione degli attivisti, lungi dal chiudere la vicenda, ha aperto nuovi scenari di confronto politico e civile.