
Italia nel baratro: Gravina silura Spalletti ma non molla la poltrona
La Nazionale Italiana affonda in un nuovo scandalo istituzionale. Dopo l’annuncio shock dell’esonero di Luciano Spalletti, arrivato clamorosamente in conferenza stampa, a scuotere ancora di più l’ambiente azzurro sono state le parole del presidente Gabriele Gravina, che — senza alcun imbarazzo — ha dichiarato: “Non mi dimetto.”
Un colpo al cuore del movimento calcistico, che si ritrova senza guida tecnica e, soprattutto, ostaggio di una classe dirigente incapace di assumersi le proprie responsabilità.
Spalletti scaricato in diretta: un’umiliazione pubblica
È accaduto l’impensabile. Spalletti, il tecnico scelto meno di un anno fa per ricostruire la Nazionale, è stato licenziato davanti alle telecamere, in un momento in cui la squadra avrebbe avuto bisogno di stabilità e compattezza. Una scelta assurda, motivata ufficialmente da “divergenze di vedute”, ma che nasconde una guerra interna alla FIGC fatta di pressioni, faide personali e colpi di mano.
L’umiliazione pubblica di un allenatore che aveva ancora la fiducia dello spogliatoio dimostra il livello di improvvisazione e arroganza raggiunto dalla federazione.
Gravina si blinda: “Io non mi dimetto”
Alla domanda sulla possibilità di un passo indietro, Gravina è stato secco: “Non ci penso nemmeno.” Eppure, sono due i Mondiali saltati, uno il titolo europeo vinto per grazia divina, e innumerevoli le figuracce internazionali che hanno segnato il suo mandato.
In un Paese normale, il presidente della federazione avrebbe già lasciato il suo incarico. In Italia, invece, si assiste all’ennesima autodifesa di un sistema chiuso, autoreferenziale, che non accetta il cambiamento e difende lo status quo anche a costo di affondare del tutto.
Il vero problema è il sistema: una federazione prigioniera di sé stessa
Spalletti è solo l’ultimo capro espiatorio. Prima di lui toccò a Ventura, poi a Mancini, e ora di nuovo a un tecnico che, nel giro di pochi mesi, è passato da salvatore a colpevole. Ma la verità è sotto gli occhi di tutti: il problema non è chi allena, ma chi comanda.
Il calcio italiano è ostaggio di dirigenti che si autorinnovano, che si proteggono a vicenda e che evitano ogni riforma profonda per paura di perdere il potere.
E ora? Una Nazionale allo sbando
A poche ore dalla delicata sfida contro la Moldavia, l’Italia è senza guida. Si parla di un traghettatore ad interim o di un ritorno improvvisato di qualche vecchio nome. Il caos regna sovrano. E i tifosi, stanchi e disillusi, guardano con rabbia una federazione che ha perso ogni contatto con la realtà.
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