Mattarella: “Gaza, disumano ridurre un popolo alla fame
Ecco quanto dichiarato dal nostro Presidente sulla guerra in Palestina. “È inaccettabile il rifiuto di applicare le norme del diritto umanitario nei confronti dei cittadini di Gaza. Si impone, subito, il cessate il fuoco”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel discorso al corpo diplomatico e alle più alte cariche istituzionali in occasione della cerimonia della festa della Repubblica.
…e poi aggiunto sulla guerra in Palestina
“In qualunque caso, è indispensabile, che l`esercito israeliano renda accessibili i territori della Striscia all’azione degli organismi internazionali, rendendo possibile la ripresa di piena assistenza umanitaria alle persone – ha aggiunto il capo dello Stato – che venga ridotta alla fame un`intera popolazione, dai bambini agli anziani, è disumano”.
La teoria della guerra giusta fra diritto internazionale e nazionale
Il tema è di grande rilevanza e complessità: il ruolo della teoria della cd. guerra giusta ed il suo ruolo nel diritto internazionale e nazionale. Questo concetto ha radici profonde nella storia del pensiero filosofico, teologico e giuridico suscitando ancora oggi dibattiti accesi. San Tommaso D’Aquino, nel XIII secolo, ebbe modo di delineare criteri specifici sull’argomento distinguendo tra: Jus ad bellum: le condizioni che giustificano una guerra come una causa giusta; Jus in bello: ossia i principi che regolano la condotta durante la guerra, tra cui la proporzionalità e la discriminazione tra combattenti e non.
…il principio della guerra giusta storicamente:
Sant’Agostino: riteneva, ad esempio, che una guerra fosse giusta se posta a difesa del debole e dell’oppresso;
Francisco De Vitoria: nella Relectio de Indis enfatizzò la necessità di una causa legittima ed il rispetto del diritto anche nei confronti dei popoli non cristiani. Si posero così le basi per il riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni e la limitazione dell’uso della forza nelle relazioni fra nazioni;
Il concetto di guerra giusta nell’epoca moderna:
Alberico Gentili: con il “De Iure belli”, nel 1598, ha contribuito a laicizzare il concetto di guerra giusta, distaccandolo dalle sole motivazioni religiose ed inserendolo in un contesto più giuridico ed internazionale. Gentili analizzò le cause legittime di guerra e le modalità di conduzione dei conflitti, ponendo l’accento sulla necessità di regole condivise fra nazioni;
La carta delle Nazioni Unite: nel 1945 venne finalmente sancito il divieto dell’uso della forza eccetto in cause di legittima difesa o su autorizzazione del Consiglio di Sicurezza. Questo documento riflette l’evoluzione del concetto di guerra giusta orientandolo verso la prevenzione dei conflitti e la protezione dei diritti umani.
Il concetto di guerra giusta oggi:
Oggi la teoria della guerra giusta continua ad essere un riferimento nel dibattito etico e giuridico sull’uso della forza. Concetti come l’intervento umanitario e la responsabilità di proteggere sono emersi per affrontare situazioni in cui gravi violazioni dei diritti umani richiedono un intervento internazionale. La teoria moderna richiede la coesistenza di tre elementi fondamentali: la iusta causa, la legitima auctoritas e lo iusto modo. Sarebbe quindi legittima la guerra solo se si ponesse in difesa dei diritti umani e se si conducesse proporzionalmente alla offesa arrecata. Un’utopia visto che la storia ci insegna che l’equivalenza valoriale tra l’offesa da combattere ed il modo in cui la si combatte non può mai essere assicurabile nel corso di qualsiasi conflitto.
…ed in Italia?
L’art. 11 della Costituzione afferma: “…l’Italia ripudia esplicitamente la guerra quale strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. La versione iniziale della norma parlava di “rinuncia” ma avrebbe erroneamente lasciato sottintendere l’idea di un diritto o di una facoltà; ma neanche la parola “condanna” poteva essere utilizzata perché non sufficiente ad inibire la guerra. Più appropriata fu ritenuta invece la parola “ripudia” perché capace di affermare la volontà di togliere verità e valore giuridico allo strumento.
I padri costituenti ci hanno lasciato un monito ed uno strumento
I padri costituenti ci hanno lasciato monito: la predominanza del diritto sulla guerra e uno strumento: la limitazione di sovranità per la costruzione di un ordinamento internazionale a difesa della pace. Tuttavia il chiaro principio costituzionale espresso non deve cadere in una pericolosa semplificazione operata a seconda degli orientamenti politici ed ideologici. Non può esserci nel dibattito spicciolo una pura dicotomia fra chi ritiene gli interventi italiani in Ucraina anticostituzionale e chi invece rivendica uno spazio di legittimità alla guerra, purchè non meramente di aggressione.
Il rischio in corso è l’abbandono della predominanza del diritto sulla guerra
Urge allora spostare la riflessione non tanto sulla legittimità dell’invio delle armi, o sulla torica ammissibilità di una presunta guerra giusta. Si tratta di concentrare piuttosto l’attenzione sui motivi reali che non hanno permesso agli organismi a tutela dell’ordinamento internazionale di funzionare nella maniera corretta. Il pericolo verso il quale stiamo scivolando è l’abbandono della predominanza del diritto sulla guerra, rinunciando drammaticamente ad una conquista di civiltà pagata a caro prezzo nel secolo scorso.
Il diritto alla pace in opposizione alla teoria della guerra giusta
La Dichiarazione Universale dei diritti umani, all’art. 28, stabilisce che “ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà possono essere pienamente realizzati”. Si proclama, pertanto, una pace positiva e costruttiva di un sistema di istituzioni, di relazioni e di politiche di cooperazione. Agli Stati è automaticamente vietato di fare la guerra, con un dovere evidente di costruire e preservare la pace disarmando ed educando al rispetto dei diritti umani.
La guerra negli ultimi tempi…
Oggi, nonostante questo assetto normativo, sembra essersi imposta la convinzione che la guerra condotta in difesa dei diritti umani, pur non essendo una guerra di autodifesa, debba considerarsi comunque giusta. Così, attraverso la degenerazione di questo principio, facilmente si opta per la guerra avanzando ogni tipo di scuse apparentemente umanitarie, difensive o preventive, ricorrendo anche alla manipolazione dell’informazione.
Urgente rimediare al malfunzionamento delle Nazioni Unite
Il nodo da sciogliere sta proprio nel malfunzionamento evidente delle Nazioni Unite, in particolare nell’impotenza del Consiglio di Sicurezza paralizzato dal potere di veto della Russia. E’ necessario, quindi, riformare l’organizzazione dello stesso imponendo limiti giuridici precisi, per evitare che si tratti di un’autorità cooptata solo da alcuni Paesi e, nello stesso tempo, impedire imposizioni culturali o la riduzione delle libertà essenziali delle nazioni più deboli a causa di differenze ideologiche. La strada per fare a meno della guerra esiste e sta nella forza del diritto.
L’intervento sulla guerra di Papa Leone XIV
Ritengo a tal proposito riportare un breve tratto delle dichiarazioni del Santo Padre sulla guerra in Palestina: “…quando coloro che hanno subito ingiustizia e le vittime della violenza sanno resistere alla tentazione della vendetta, diventano i protagonisti più credibili di processi nonviolenti di costruzione della pace”. Spezzare il circolo vizioso della violenza parte dalla capacità di “disarmare i cuori e le menti” e rimettere l’umanità al centro. Parliamo di uno sforzo che la Santa Sede è disposta a incentivare con tutte le sue forze e che appare ancora più fondamentale oggi che appare inattuale e lontano dalla narrazione di violenza e divisionismo animante la Terrasanta (ma si potrebbe estendere il caso ad altri scenari).

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