
Incocciati: “Van Basten? Mi chiese la maglia”!
Maradona amico vero, eravamo sempre insieme
ntervistato dai microfoni de ‘La Gazzetta dello Sport’, l’ex bomber del Milan e del Napoli, Beppe Incocciati, ha ripercorso la sua carriera partendo dai tempi della Palestrina, fino ad arrivare a parlare dell’insegnamento all’università. Tra i tanti temi discussi, Incocciati si è soffermato a parlare di Diego Armando Maradona, a cui ha voluto dedicare un viale a casa sua. Curiosamente, ha svelato anche un retroscena su Marco Van Basten, bomber ai tempi di Arrigo Sacchi. Ecco, di seguito, le sue parole:
Gli inizi: “Da bambino a Fiuggi già mi allenavo con gli adulti in Promozione, poi mi consigliarono di andare a Palestrina, unico settore giovanile vero della zona. Ogni giorno mi alzavo, corriera per Anagni, scuola, panino della mamma, corriera per Palestrina, allenamento, un’altra corriera e non tornavo a casa prima delle 10. Così fino a quel giorno ad Ascoli…”.
Su cosa successe ad Ascoli: “Torneo con le giovanili più importanti d’Italia, fui capocannoniere e miglior giocatore. Zagatti, grande terzino degli anni 50 e allenatore della Primavera del Milan, mi prese all’istante. Avevo 15 anni, mi misero su un aereo e mi ritrovai a Milano. Tanti pianti, nostalgia di casa, ma vivevo un sogno e me lo tenni stretto, nel giro di due anni arriva l’esordio in A”.
L’anno del Mundialito: presente Milan, Inter e… “Sì, a San Siro vennero il Flamengo di Leo Junior e Leandro, l’Ajax di Cruijff. Poi Johan tornò in prova al Milan ma non lo presero per un problema al ginocchio. Mi dicevano che ero elegante e mi ci convinsi, me lo dicono ancora oggi i miei ex compagni. Nell’Ajax c’era Van Basten, ragazzino come me, mi chiese la maglia. Poi con Marco siamo diventati amici, condividiamo la passione del golf e spesso ci troviamo sui campi. Un giorno mi fa: ‘Ma lo sai che a casa ho ancora la maglia che mi hai dato al Mundialito?'”.
Una volta finita l’avventura con la maglia del Milan:“Mi mandarono ad Ascoli in prestito, io, Vincenzi e Barbuti facemmo un mare di gol e vincemmo la B. Al Milan arrivò Berlusconi e volle a tutti i costi Donadoni, l’Atalanta ottenne in contropartita me, Icardi e Piotti. A Bergamo arrivammo in semifinale di Coppa Coppe, poi Pisa, anni straordinari. Piacevo ai presidenti e alla gente, segnavo ma ero anche uno di quelli che ti fa il tunnel, il pallonetto… Oggi di belle giocate individuali quante ne vedi?”.
Su Maradona: “Diego l’avevo conosciuto già a Milano, feci la prima rete in A contro il suo Napoli, vincemmo 2-1. Poi andai a festeggiare, e mentre facevo serata in un locale entrò lui. Ci ritrovammo a cenare insieme, ridere, prendere confidenza. Siamo dello stesso segno, due scorpioni, sintonia perfetta. A Napoli eravamo amici con le famiglie, stavamo sempre insieme. Tranne la notte, lui usciva e io no”.
Viale Diego Armando Maradona: “L’ho fatto personalmente, a casa mia, per sentirlo ancora vicino a me, gli ho voluto un sacco di bene. Parlo da nonno e non da ex calciatore: Maradona ci lascia due grosse lezioni. La prima: Diego è nato in una baraccopoli ed è diventato il numero uno al mondo, quindi non pensate mai che la vita non vi offra delle possibilità. La seconda: la parabola di Maradona si è arrestata per colpa della droga, quindi statene lontani, rovinarsi è un attimo”.
Sulla riconciliazione con Diego Maradona Jr : “Sì, me lo chiese Diego Junior. Suo padre venne a trovarmi a Fiuggi, lo portai sul campo da golf e glielo feci incontrare. Li lasciai soli, li guardavo da lontano, seduti a parlare per oltre un’ora, e sorridevo. Maradona fu un galantuomo, avrebbe avuto tutto il diritto di fregarsene. Invece ha riconosciuto suo figlio, che oggi è un uomo felice”.
Sul fatto di essere il consigliere del ministro Tajani per le tematiche giovanili e sportive: “Nel pallone hai una squadra con la stessa maglia, tutti difendono la stessa porta e cercano di far gol nell’altra. Pure in politica tutti hanno la stessa maglia, poi però capita che uno si gira e fa gol nella tua porta… Insegno anche a Tor Vergata, facoltà di scienze motorie. Ho fatto l’altro giorno gli esami a una quarantina di futuri professionisti dello sport. Leggere la soddisfazione nei loro occhi è una sensazione bellissima”.
“No, ma sono cambiati i tempi. Con Liedholm prima di ogni allenamento facevamo 40-50’ di tecnica individuale. Oggi non lo fa nessuno, poi vedi attaccanti che arrivano sulla trequarti, non si prendono responsabilità e la palla torna indietro. Ai miei tempi anche i difensori, gente come Baresi, Maldera, Collovati, davano del tu alla palla, saltavano l’uomo. Gli ultimi prodotti di quella scuola hanno vinto il Mondiale 2006, poi cosa abbiamo creato? Grandi fisici, poca tecnica e una Nazionale che salta due Mondiali e rischia il terzo. Vedo tanti studiosi di calcio ma poca gente che lo insegna…”.