Fonte immagine: Il Giornale Locale
L’addizionale regionale all’Irpef, secondo quanto scrive oggi “Il Sole 24 Ore”, sarebbe più pesante per i contribuenti che risiedono in Campania e nel Lazio.
L’Irpef in Campania e Lazio
Così il principale quotidiano economico-finanziario d’Italia: “Per un lavoratore dipendente con un reddito di 35mila euro, l’addizionale regionale all’Irpef costa 926 euro nel Lazio e 868 in Campania. Più del doppio dei 431 euro richiesti per il 2025 dalle regioni in cui il prelievo è più leggero. Ciò avvinene in regioni come il Veneto, la Basilicata e i territori a statuto speciale (eccetto la provincia di Bolzano, che azzera addirittura il dovuto con una detrazione). Tra i 500 e i 700 euro oscillano invece le pretese delle altre regioni.”
Irpef, nel 2024 15,1 miliardi nelle casse delle regioni
Continua “Il Sole 24 Ore”: “Nel 2024 l’addizionale ha portato nelle casse delle regioni 15,1 miliardi di euro, +8,6% su base annua (dati Bollettino delle entrate tributarie). Per avere un termine di confronto, l’Irap versata dai privati vale 21,2 miliardi. L’importo medio dell’addizionale è stato di 476 euro. In base alle dichiarazioni dei redditi 2024, a pagare sono stati poco meno di 32 milioni di contribuenti, cioè il 75% di tutte le persone fisiche. Tale obbligo, infatti, scatta solo per chi deve pagare l’Irpef dopo aver applicato le detrazioni e sottratto i crediti per imposte all’estero.”
Verso i tre scaglioni della riforma
Le regioni ancora strutturano il prelievo dell’addizionale in base a 4 scaglioni di reddito nonostante la riforma. “Ma d’altra parte la legge di Bilancio 2025 dà la possibilità di determinare fino all’anno d’imposta 2027 aliquote differenziate sulla base dei “vecchi” quattro scaglioni. Per ora ad adeguarsi alle tre fasce dell’Irpef nazionale sono
soltanto l’Abruzzo, la Liguria e la provincia di Bolzano (queste ultime due già dal 2024). Applica invece
l’aliquota unica – uguale per tutti i redditi – una nutrita pattuglia di regioni: Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia, Valle d’Aosta e Veneto.”
Le variazioni di aliquote
Ancora Il Sole: “Aliquote che variano di un punto o di pochi decimali – tra un territorio e l’altro o tra un anno e l’altro – possono tradursi in differenze di prelievo rilevanti, soprattutto per i redditi maggiori. Per un pensionato-tipo con 15mila euro di entrate, il divario arriva al massimo a 150 euro. Crescono a 250 euro per un imprenditore che dichiara 25mila euro (escludendo i casi di azzeramento nelle province autonome). La forbice si allarga invece per i redditi oltre i 50mila euro, che in molte regioni sono tassati con il 3,33 per cento. Così, un manager che guadagna 70mila euro e ha oneri deducibili per 1.700 euro, paga poco più di 2mila euro nel Lazio,
circa 1.950 in Campania e Umbria e 1.850 in Molise. Mentre nel resto delle regioni – a grandi linee – può trovarsi di fronte a due livelli di richieste: intorno alla soglia dei 1.700 euro o dei mille euro.”
Le Regioni cercano di tutelare i redditi più bassi
Le aliquote variano di poco da un anno all’altro e si cerca di tutelare i redditi più bassi. “Nel 2024 la Toscana ha ritoccato l’aliquota dei due scaglioni più alti (oltre i 28mila euro di reddito), così come la Liguria che – accorpando le prime due fasce – ha anche ridotto la tassazione per i redditi da 15mila a 28mila euro. Sugli ultimi
due scaglioni, ma dal 2025, è intervenuta anche l’Emilia Romagna, mentre l’Umbria ha fatto scattare i rincari dal livello dei 15mila euro. L’impressione è che, nelle regioni alle prese con i costi della sanità, si stia gradualmente creando uno scalino a 28mila euro: oltre questa soglia tutti sono tassati al massimo e l’addizionale si avvicina spesso al 3 per cento.”
Così conclude “Il Sole 24 Ore”
