
Foto: treviso today
La spirale di tensioni, scatenata da Israele ed Iran, che da anni incendia il Medio Oriente, ha raggiunto un nuovo livello di gravità. Dopo mesi di provocazioni, attacchi indiretti e dichiarazioni sempre più bellicose, il confronto tra Israele e Iran si sta rapidamente avvicinando a un punto di non ritorno. Gli sviluppi delle ultime settimane hanno acceso i riflettori della diplomazia internazionale sulla regione, risvegliando timori di un conflitto su larga scala. Un conflitto che, se non evitato, potrebbe segnare per sempre la storia globale.
Nel frattempo…
Il conflitto è giunto al giorno 624. Un consigliere senior della Guida Suprema iraniana Ali Khamenei, Ali Larijani, in un post pubblicato sui social ha promesso che il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Rafael Grossi, “la pagherà” una volta terminata la guerra con Israele. L’Iran ha presentato una denuncia contro Grossi al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per “il suo approccio al programma nucleare iraniano”. Le sue dichiarazioni, si legge, “hanno violato palesemente e gravemente il principio di imparzialità”.
Intanto, come reso noto dal ministro della Difesa di Israele Katz
“Saeed Izadi, capo della divisione palestinese della Forza Quds del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica è stato ucciso in un attacco israeliano su un appartamento nella città iraniana di Qom. Ha finanziato e armato Hamas prima del massacro del 7 ottobre”. Spiragli dai negoziati di Ginevra con l’Iran che si dice “disponibile a proseguire il dialogo” sul nucleare. Ma Trump si mostra scettico e tra Israele e la Repubblica islamica continuano a piovere missili.
Un’escalation annunciata
Gli ultimi episodi, in particolare quello che ha visto un presunto attacco missilistico di Israele contro una base militare iraniana nella regione di Isfahan – ancora non confermato ufficialmente da Tel Aviv – ha scatenato la dura reazione del regime degli ayatollah. Il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) ha promesso “una risposta esemplare” e ha mobilitato unità d’élite lungo i confini con Iraq e Siria, da sempre corridoi strategici per il transito di armamenti verso Hezbollah in Libano.
Israele, da parte sua, ha rafforzato la presenza militare nel nord del Paese
Ha autorizzato esercitazioni straordinarie dell’aviazione. Il primo ministro di Israele, in un discorso alla Knesset, ha ribadito che “non verrà mai tollerata una minaccia nucleare ai confini dello Stato ebraico”, lasciando intendere che l’opzione militare resta sul tavolo.
Una guerra per procura sempre meno indiretta
Quello tra Israele e Iran è da tempo un conflitto combattuto principalmente per procura: sul campo, si scontrano milizie e gruppi alleati delle due potenze. Hezbollah in Libano, le milizie sciite in Siria e in Iraq, gli Houthi in Yemen, sono tutte pedine del gioco strategico di Teheran. Dall’altra parte, Israele ha costruito una rete di alleanze con Stati sunniti come Arabia Saudita, Egitto e gli Emirati, in un’inedita convergenza di interessi guidata dalla comune ostilità verso l’Iran.
Le dinamiche fra Israele ed Iran stanno difatti cambiando
L’ostilità tra i due Paesi sta uscendo dalle ombre dell’intelligence e degli attacchi mirati per diventare uno scontro sempre più diretto, con gravi rischi per la stabilità regionale. Difatti il filo sottile che teneva in piedi la pace, almeno dal punto di vista di veri e propri interventi militari, la si vede sgretolarsi giorno dopo giorno. L’escalation militare in atto, studiata da anni in Israele, che ha visto dapprima un intervento massiccio in Palestina ed oggi in Iran, è figlio di una volontà chiara da parte di Israele di sradicare il problema fondamentalismo islamico a costo, però, di migliaia di vite innocenti e di una crisi senza precedenti.
Il ruolo della comunità internazionale
Le Nazioni Unite e le grandi potenze occidentali guardano con crescente preoccupazione alla situazione. Gli Stati Uniti, storici alleati di Israele, mantengono un profilo ufficialmente prudente ma restano militarmente presenti nella regione. L’Unione Europea ha invitato alla de-escalation, temendo ripercussioni sulla sicurezza energetica e nuovi flussi migratori. La Russia, nel frattempo, rafforza la sua presenza diplomatica e militare in Siria, cercando di mediare con l’Iran e preservare il fragile equilibrio che le consente di mantenere una posizione strategica nel Mediterraneo orientale.
E’ necessario però comprendere il concetto di Guerra preventiva…
Una guerra preventiva è un’azione militare intrapresa per scongiurare una minaccia percepita come imminente da parte di un altro stato. In altre parole, è un attacco portato avanti per anticipare un presunto attacco nemico. Le guerre preventive sono controverse e il loro diritto internazionale è dibattuto. Secondo la Carta delle Nazioni Unite, l’uso della forza è legittimo solo in caso di legittima difesa, ovvero per respingere un attacco armato in atto. Tuttavia, alcuni paesi sostengono che il diritto alla legittima difesa possa essere esteso anche a minacce future, soprattutto se queste minacce sono ritenute gravi e imminenti.
La dottrina della guerra preventiva è stata utilizzata per giustificare diversi conflitti nel corso della storia
Per esempio l’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti nel 2003. Tuttavia, questa dottrina è stata anche aspramente criticata, da chi la considera un’aggressione illegittima e una pericolosa violazione del diritto internazionale. Le argomentazioni a favore delle guerre preventive includono: dissuadere l’aggressione, riduzione dei costi, proteggere la sicurezza nazionale. Le argomentazioni contro le guerre preventive includono: violazione del diritto internazionale, rischio di escalation, difficoltà di valutazione delle minacce.
Prospettive oscure
Secondo analisti militari, un conflitto aperto tra Iran e Israele potrebbe coinvolgere direttamente anche Libano, Siria e le milizie sciite in Iraq, provocando una nuova ondata di instabilità nel cuore del Medio Oriente. Le conseguenze per i civili sarebbero drammatiche, aggravate da un contesto già segnato da guerre, crisi economiche e carestie. Alla luce di tutto ciò, appare urgente un rinnovato sforzo diplomatico: fermare l’escalation prima che il conflitto diventi incontrollabile è oggi una priorità non solo regionale, ma globale.
Possibili soluzioni del conflitto che vede coinvolti Israele ed Iran
E’ necessario, a parere di chi scrive, cancellare alla base errori storici commessi dal momento in cui nasceva lo Stato di Israele. Indispensabile sarà un approccio multilivello che abbraccia aspetti geo politici ad aspetti economici e religiosi, regolamentando al contempo le questioni relative al nucleare. Bisogna tornare ad un accordo internazionale sostenuto da Israele, vincolante, che limiti il programma nucleare in cambio della fine delle sanzioni.
Promuovere il dialogo regionale fra Israele ed i paesi del Medio Oriente
La creazione di una piattaforma di sicurezza regionale, improntata sul modello OSCE europeo, capace di convogliare forze statali ed anche non statali, come Hezbollah o Hamas, con il compito di stabilire linee di deconflitto fra Israele ed Iran sulla falsa riga di quelle esistenti fra Russia e Stati Uniti, potrebbe fornire prospettive più rosee di ridimensionamento delle tensioni degli ultimi anni degenerante nei recenti conflitti armati. Sarebbero poi importanti nuovi accordi di non aggressione anche taciti in zone da sempre cruciali in quelle terre martoriate. Insomma, e concludo, se si vogliono evitare altri conflitti bisogna generare disinteresse laddove prima c’era interesse. La pace è utopistica, ma il disinteresse alla Guerra può e deve essere raggiunto.
1 thought on “Israele / Iran – Giugno 2025: Medio Oriente in fiamme…”