Italia-Moldavia 2-0, ma l’addio di Spalletti è la vera notizia: ennesimo ribaltone in panchina
Una vittoria che vale tre punti importanti nel cammino verso il Mondiale 2026, ma che finisce per essere oscurata da una notizia clamorosa: Luciano Spalletti lascia la guida della Nazionale proprio alla vigilia del match, con l’annuncio arrivato in modo surreale durante una conferenza stampa lasciata a metà. L’Italia batte la Moldavia 2-0, ma la prestazione è ancora una volta opaca e ben lontana da quella di una squadra che può ambire a recitare un ruolo da protagonista sul palcoscenico internazionale.
Una prestazione senza anima
Contro una Moldavia volenterosa ma modesta, l’Italia ha offerto un’altra prestazione sottotono. Il doppio vantaggio è arrivato più per inerzia che per brillantezza: gol di Raspadori e Cambiaso, ma senza mai dare l’impressione di dominare la partita.
Troppe pause, manovra lenta, difesa distratta. Una Nazionale che, nonostante i nomi di talento in rosa, non riesce a trasmettere entusiasmo né a costruire un’identità di gioco credibile. E in questo contesto, anche Spalletti ha fatto fatica.
L’addio di Spalletti: tra colpe e responsabilità
L’addio di Luciano Spalletti è l’ennesimo atto di un copione già visto: commissari tecnici che vengono scelti con entusiasmo e poi messi alla porta con troppa fretta. Ma stavolta il retrogusto è ancora più amaro.
Spalletti è arrivato dopo il terremoto-Mancini, fresco campione d’Italia con il Napoli, carico di aspettative. Ma non ha avuto tempo, né pieno supporto. La macchina azzurra è rimasta impantanata in logiche federali, confusione gestionale, e un ambiente che brucia tutto in poche settimane.
Paga anche colpe non sue, come l’assenza di una progettualità chiara, un campionato che non valorizza i giovani italiani, e una federazione sempre più scollegata dal campo.
Gravina e la FIGC: l’ennesimo corto circuito
Il presidente Gabriele Gravina, già bersaglio delle critiche dopo i fallimenti azzurri e le discutibili scelte tecniche, ha preferito continuare la linea del “cambiare per non cambiare”. Spalletti è stato esonerato – di fatto – prima di una conferenza stampa surreale, lasciata a metà, senza nemmeno il tempo di spiegare. E il presidente, incalzato dai giornalisti, ha semplicemente dichiarato: “Io non mi dimetto”.
Una dichiarazione che suona come uno schiaffo al buon senso e ai tifosi. Chi sbaglia resta, chi prova a ricostruire viene mandato via. Il messaggio è chiaro: l’unico progetto federale è la sopravvivenza politica.
E adesso chi guiderà gli Azzurri?
Il tema è drammaticamente aperto. In un momento chiave del ciclo, con il Mondiale 2026 da conquistare e la cocente eliminazione in Nations League con la vittoria consecutiva del Portogallo in finale contro la Spagna. La panchina più bollente d’Italia resta senza padrone.
Tra i nomi che circolano ci sono Ranieri (in pausa), De Rossi (con ancora poca esperienza), e Stefano Pioli. Ma il punto non è il nome: il punto è il progetto. O, meglio, la sua assenza.
Grazie Spalletti, anche se non ti hanno lasciato lavorare
Al netto degli errori e delle scelte discutibili, Spalletti meritava più tempo e rispetto. Ha provato a portare una visione, una metodologia, un’identità. Ma in un contesto in cui il risultato immediato è tutto e la politica sportiva soffoca ogni iniziativa, la sua missione era destinata al fallimento.
Lo salutiamo con rispetto. E gli auguriamo il meglio. Chissà che un giorno, magari, non lo si riveda su una panchina di club… con la libertà di fare ciò che sa: allenare, costruire e vincere.
Conclusione: e voi, cosa ne pensate?
Il problema dell’Italia non è Spalletti. È una gestione federale anacronistica, che brucia ogni allenatore, svuota ogni progetto e disorienta una tifoseria già delusa da anni di promesse mancate.
La domanda è semplice: chi sarà il prossimo… e quanto durerà?

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