Il 4 giugno 1994 ci lasciava Massimo Troisi, il “Pulcinella senza maschera” che ha rivoluzionato la comicità italiana con la sua dolcezza disarmante. Trentuno anni dopo, lo ricordiamo col sorriso storto e un pizzico di malinconia, proprio come avrebbe voluto lui.
Massimo Troisi – Le radici di un genio: da San Giorgio a Cremano al successo nazionale
Massimo Troisi nasce a San Giorgio a Cremano, e già da bambino capisci che uno così non sarà mai “normale”. Non perché fosse strano, ma perché era vero. Si faceva voler bene già da piccolo, con quella voce spezzata e il passo lento, come se volesse arrivare dopo per godersi meglio la strada. Comincia con La Smorfia, insieme a Lello Arena ed Enzo Decaro. La TV li scopre, il teatro li consacra, la gente li ama. Poi arriva il cinema, e con Ricomincio da tre Troisi smette di essere una promessa e diventa un riferimento.
Un attore, un regista, un poeta: l’arte di raccontare l’amore
Massimo Troisi non era solo un comico. Era un poeta travestito da attore, o forse un attore travestito da uomo comune. Parlava d’amore come si parla al bar con l’amico fidato, con esitazioni, silenzi, sguardi bassi. Eppure arrivava sempre dritto al cuore. Ne Il Postino, girato nonostante una salute precaria, mette tutto sé stesso. Interpreta Mario, il postino che scopre la poesia attraverso Neruda. Ma in fondo, il vero poeta è lui. Quel film, terminato poche ore prima della sua morte, sembra il suo testamento artistico. E forse lo è davvero.
Il sorriso malinconico che ha cambiato il volto della comicità
Massimo Troisi faceva ridere senza mai urlare. Ti conquistava con un gesto, una pausa, un’occhiata. Diceva tutto senza dire troppo. Era comicità con il punto interrogativo, non con il punto esclamativo. Diceva che non voleva fare politica, e poi parlava d’amore, di sogni, di speranze. E finiva sempre per parlare di noi. “Ho il cuore debole”, diceva con autoironia. E noi a credergli. Ma era solo troppo grande, quel cuore, per stare fermo.
Un’eredità che vive: premi, festival e ricordi indelebili
Ogni anno, al Marefestival Premio Troisi a Salina, colleghi e amici lo ricordano. E c’è sempre qualcuno che, sul palco o tra il pubblico, dice: “Però se ci fosse stato Massimo, questa cosa l’avrebbe fatta meglio”. E ha ragione. Non è nostalgia, è constatazione. In un’epoca in cui tutto corre, Troisi ci manca perché sapeva fermare il tempo. Bastava una frase sua per sentirsi capiti. Bastava uno sguardo per sentirsi meno soli.
Conclusione: un’assenza che si fa presenza
“Non è che muoio, è che mi assento un attimo”. Una battuta, certo. Ma anche una promessa mantenuta. Perché Troisi non se n’è mai andato davvero. Ogni volta che ci innamoriamo senza saperlo dire. Ogni volta che la vita ci fa paura e cerchiamo un modo per riderne. Ogni volta che rivediamo Ricomincio da tre e ci sembra di essere a casa. Ecco, ogni volta che succede questo, Massimo torna. Anche se, come al solito, con cinque minuti di ritardo.
