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Mimmo Jodice, artista napoletano della fotografia si è spento quasi in contemporanea con il genio del sassofono James Senese. La fotografia italiana piange un grande di questa arte. Di seguito il ricordo del fotografo Antonio Biasiucci.
Mimmo Jodice, Napoli ne è impregnata
«Napoli è impregnata di Mimmo Jodice. Tanto la città che la sua immagine. Sono ventiquattrore che porto dentro di me una strana sensazione, una sorta di solitudine singolare». Antonio Biasiucci, punto di riferimento per la fotografia italiana, esterna il suo pensiero e un momento di disagio per una perdita immensa per Napoli. Le sue parole rilasciate a Il Mattino fanno capire che è una perdita per la cultura visuale internazionale e per la storia della fotografia.
“Difficile immaginare questa città senza Mimmo”
«È difficile immaginare questa città», continua Biasiucci, «senza Mimmo, impossibile pensare al rapporto tra fotografia e Napoli, senza di lui». Alcune immagini di Jodice che rimangono hanno caratterizzato l’immaginario e il gusto estetico dell’ultimo tratto del Novecento. Biasiucci esprime tutto il disagio e il dolore della fotografia e dell’arte contemporanea, riprende il discorso cercando di ragionare, sul coraggio e le scelte di sperimentazione di Jodice. L’artista scomparso è riuscito a mettere in discussione e a ribaltare la storia dell’immagine di Napoli.
Con Jodice una Napoli mai vista
Ancora Biasiucci: «Vedute di Napoli, nel 1980, uscito per Mazzotta, ha rappresentato uno scarto della visione, un momento di svolta: nelle sue immagini sparisce l’uomo e con lui il dato temporale, per consegnare una città mai vista ad una dimensione eterna e metafisica. Mimmo realizza uno scarto rispetto alla visione classica, alle vedute stereotipate e a una tradizione di conformità. Si tratta di una innovazione straordinaria. Sceglie la sottrazione invece che l’accumulazione, toglie invece che aggiungere. Il suo è un atto di coraggio che libera Napoli e la fotografia che insiste sulla città ad inseguire punti di vista obbligati».
Il fotogiornalismo
Luciano Ferrara, 75 anni, storico fotoreporter free lance napoletano, è colpito dalla perdita. Anche per il fotogiornalismo, il racconto di Jodice implica un’eredità immensa che si espande secondo strade diverse e molteplici. Così Ferrara: «Allora c’erano due punti di riferimento: Luciano D’Alessandro e Mimmo Jodice. Per onestà intellettuale devo dire che avevo scelto il campo del fotogiornalismo militante, seguendo la strada e il solco segnato da D’Alessandro. Ma nello stesso tempo le fotografie di Mimmo hanno lasciato in me una forte impronta. Penso in particolare all’infanzia raccontata dalle sue fotografie. C’è qualcosa di potente e visionario in quei bambini: sono immobili e guardano diretti nell’obiettivo. C’è qualcosa nel racconto dell’infanzia che guarda oltre ed è già proiettato nei lavori che verranno successivamente».

 
             
         
        