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Jose “Pepe” Mujica si è spento all’età di 89 anni per un cancro all’esofago. È stato spesso apostrofato come «il presidente più povero del mondo» perché, dopo la sua elezione alla presidenza dell’Uruguay, nel 2009, continuò a vivere in una piccola casa vicino alla capitale Montevideo. Continuò ad andare al lavoro con il suo Maggiolino blu del 1987 e a volare in classe economica decidendo di devolvere quasi il 90 per cento del proprio stipendio mensile in beneficenza. E’ stato un punto di riferimento e una figura amatissima dalla sinistra latinoamericana e non solo.
Mujica e la sua ideologia
Su di lui in queste ore hanno scritto come fosse un uomo allo stesso tempo potente e umile, visionario e popolare. Lo hanno anche descritto come lontano dalle ideologie perché, nonostante la sua provenienza politica, non aderì mai al socialismo del XXI secolo proclamato da Hugo Chávez in Venezuela e portato avanti da altri leader sudamericani. Di Chavez ha comunque condiviso in parte il programma e la lotta antimperialista, ma non l’impostazione ideologica. «Una delle principali fonti di conoscenza è il senso comune» disse ai due giornalisti uruguaiani Andrés Danza e Ernesto Tulboviz, autori di un libro a lui dedicato (Una oveja negra al poder, “Una pecora nera al potere”). «Il problema è quando metti l’ideologia al di sopra della realtà. La realtà ti arriva come un pugno e ti fa rotolare per terra… Io devo lottare per migliorare la vita delle persone nella realtà concreta di oggi e non farlo è immorale. Questa è la realtà. Sto lottando per degli ideali, ok; ma non posso sacrificare il benessere della gente per degli ideali».
Mujica ed il rapporto con il potere
Il leader uruguaiano dimostrò come il potere si potesse conciliare con la fedeltà alle proprie convinzioni. Secondo molti usò bene il potere poiché quando lasciò la presidenza l’Uruguay era un paese più libero, più prospero e con meno povertà. I suoi detrattori lo accusassero talvolta di avere uno stile troppo diretto. Tuttavia fu proprio questa sua autenticità a renderlo gradito in modo piuttosto trasversale. Non cercò mai di agire seguendo il consenso né di accontentare tutti, impegnandosi solo a difendere ciò che riteneva giusto.
Una “dignitosa povertà”
Nato nel 1935, rimasto orfano di padre a otto anni e cresciuto in quella che lui stesso definì una «dignitosa povertà», Mujica fu innanzitutto un guerrigliero di sinistra. Dagli anni Sessanta scelse di dedicarsi alla lotta armata con il movimento dei Tupamaros, un’organizzazione ispirata al marxismo e che si rifaceva agli obiettivi della Rivoluzione cubana. Mujica, in quegli anni, uscì ferito sei volte da scontri armati e arrestato quattro. Evase di prigione due volte e trascorse in carcere un totale di circa quindici anni.
Gli anni della prigionia
Nel 1972 andò in prigione trascorrendo in isolamento la maggior parte del tempo, nove anni, inclusi i due in cui fu confinato in una buca scavata nella terra. Subì torture, privazioni, malattie e in seguito confessò che la punizione peggiore fu per lui quella di essere privato dei libri. «A volte, il dolore è una cosa positiva se si è in grado di trasformarlo in qualcos’altro». Questo dirà Mujica agli studenti dell’American University di Washington nel 2014. La prigione, proseguì in quell’occasione, «è stata brutta, ma allo stesso tempo ho ritrovato me stesso. Se mai vi dovesse succedere qualcosa, cercate di ricordare che siete forti, che potete ricominciare e che ne vale la pena». Mujica ritrovò la libertà solo nel 1985 grazie all’amnistia generale concessa dalle forze democratiche – che nel frattempo erano prevalse – a tutte le persone incarcerate dal regime.
Gli anni del MPP
Creò il Movimento di Partecipazione Popolare (MPP), che entrò a far parte della coalizione di sinistra Frente Amplio. Fu decisiva per l’elezione alla presidenza del paese del socialista Tabaré Vázquez, nel 2005. Eletto deputato e poi senatore, tra il 2005 e il 2008 fu ministro per l’Allevamento, l’Agricoltura e la Pesca. Impose da subito uno stile politico differente e tutto suo che incuriosì i media di mezzo mondo. «Qualunque sia il proprio posizionamento politico è impossibile non rimanere impressionati o affascinati da José “Pepe” Mujica», scrisse ad esempio la BBC.
Mujica Presidente dell’Uruguai
A novembre 2009 vinse le elezioni come quarantesimo Presidente dell’Uruguay con quasi il 55 per cento dei voti. Spiegò di essere «più che completamente guarito dalle semplificazioni, dal dividere il mondo in bene e male, dal pensare in bianco e nero». Durante la campagna elettorale accettò di sostituire il pesante maglione che era solito indossare con un abito, ma rifiutò sempre la cravatta. Da Presidente rimase nella sua piccola proprietà alla periferia della capitale, composta da una casa di meno di 50 metri quadrati. Aveva un appezzamento di terra dove coltivava fiori, la cui rivendita era stata per lungo tempo il suo unico mezzo di sussistenza. Durante la forte ondata di freddo che colpì l’Uruguay all’inizio del suo mandato, inserì addirittura la residenza presidenziale nell’elenco delle strutture aperte a chi non aveva una casa.
Uno stile di vita frugale
Rinunciò all’87 per cento del proprio stipendio trattenendo solo ciò che riteneva strettamente necessario per le spese correnti: meno di 1000 euro al mese. «È una questione di libertà», spiegò: «Se non si dispone di molti beni allora non c’è bisogno di lavorare tutta la vita come uno schiavo per mantenerli e quindi si ha più tempo per sé. Potrei sembrare un vecchio eccentrico, ma questa è solo una mia libera scelta».
Seppe trasformare l’Uruguay
Seppe trasformare l’Uruguay in un modello per l’intero continente. Nel 2012 spinse per la depenalizzazione dell’aborto, e fu un passo notevole per un paese nel quale fino a quel momento venivano puniti col carcere sia il medico che praticava l’aborto sia la donna che lo richiedeva. Nell’aprile del 2013 sotto la sua presidenza furono legalizzati anche i matrimoni tra persone dello stesso sesso e sempre nel 2013 venne legalizzata marijuana. «L’aborto è vecchio quanto il mondo», disse Mujica al quotidiano brasiliano O Globo, «e il matrimonio tra persone dello stesso sesso è più vecchio del mondo».
Gli interventi in economia
Mujica cercò di promuovere il commercio, lo sviluppo e di attrarre nuovi investitori stranieri, soprattutto nel settore minerario («Se li caccio e nazionalizzo, corro il rischio che si riducano gli investimenti e i posti di lavoro per la mia gente», raccontò). Durante la sua presidenza i salari aumentarono e la disoccupazione, tradizionalmente bassa in Uruguay, si mantenne intorno al 6 per cento. Nei cinque anni del suo governo il salario minimo aumentò del 250 per cento, l’economia uruguaiana crebbe del 3,6 per cento annuo, i progetti per le energie rinnovabili vennero finanziati e diminuì il numero di persone che vivevano in povertà. Mujica riuscì anche a disinnescare una disputa che durava da anni con l’Argentina, coltivò buoni rapporti con gli Stati Uniti e si rifiutò di modificare la Costituzione del paese per prolungare la sua presidenza.
L’abbandono della politica
A 85 anni, quando abbandonò la politica istituzionale ebbe a dire: «A cosa serve un vecchio albero se non lascia passare la luce affinché nuovi semi possano crescere tra le sue foglie?». Ai giovani attivisti che si preparavano a raccogliere la sua eredità disse: «Non siete delle formiche o degli scarafaggi, perché avete una coscienza. Invece di inseguire un destino naturale, una tradizione o di condurre una vita senza senso, potete fare qualcosa con il mondo in cui vivete. Prendete la vita nelle vostre mani e costruite un progetto collettivo».
