
Una donna di 29 anni, Pamela Genini, è stata uccisa ieri sera sul balcone di casa nel quartiere Gorla a Milano. Il suo compagno, 52 anni, l’ha accoltellata ripetutamente, fino a strapparle la vita. Di nuovo, l’Italia è costretta a fare i conti con l’orrore, con la fragilità di un sistema che non riesce a proteggere le donne. Urgono riflessioni importanti seguite da soluzioni decisive, sia alla genesi del problema, che in calce allo stesso.
Femminicidi in Italia: numeri recenti…
Con la morte di Pamela, si superano i 50 femminicidi accertati dall’inizio dell’anno 2025. Negli ultimi dieci anni, oltre 1.041 donne sono state uccise in ambito affettivo (partner o ex) — una media attorno a 100 vittime l’anno. Nel 2024 le vittime sono state 95, nel 2023 100, nel 2022 95. È importante segnalare che non esiste (o non è ancora ben funzionante) un registro pubblico e aggiornato dei femminicidi, per cui i numeri ufficiali possono essere sottostimati.
Il fatto: la morte di Pamela
Pamela aveva 29 anni, un lavoro, dei progetti, un futuro che stava costruendo passo dopo passo. Aveva amato, e come spesso accade, aveva capito che era tempo di andare. Aveva deciso di chiudere una relazione che probabilmente non le dava più serenità. L’uomo, più grande di lei, non ha accettato la fine. È entrato in casa, armato di un coltello, e ha inferto venticinque coltellate. Una violenza cieca, rabbiosa, ossessiva. Non una perdita di controllo improvvisa, ma la manifestazione ultima di una volontà di dominio. Nulla di paurosamente nuovo insomma, una storia di violenza reiterata, nascosta, giustificata e poi impossibile da respingere.
Il profilo processuale del caso di Pamela
Le leggi ci sono, le pene anche. Ciò che manca è la prevenzione. Quanti segnali vengono ignorati? Quante volte una donna chiede aiuto e non viene ascoltata? Quante denunce restano sulla carta, quante richieste di protezione arrivano quando ormai non c’è più nulla da salvare? Queste sono le domande che la gente comune si pone. Ma non bisogna mai perdere la fiducia nel sistema giudiziario. Tuttavia la verità é che ogni volta che un uomo uccide la sua compagna, l’intero sistema ha già fallito coinvolgendo ogni schema sociale : la scuola, la famiglia, i media, la cultura. Tutti.
Uomini fragili e donne libere: una riflessione
C’è un punto che bisogna avere il coraggio di guardare in faccia: molti uomini non sanno più accettare il rifiuto e vivono l’incapacità di relazionarsi adeguatamente alla grandezza del sesso femminile capace di guardare al futuro con indipendenza, intelligenza, capacità di migliorarsi e vivere in libertà ogni aspetto della stessa. Viviamo in una società in cui l’identità maschile è ancora costruita sull’idea di controllo, di possesso, di forza. Ma quando la donna conquista autonomia, quando non ha più bisogno di chiedere permesso, quell’identità si sgretola. E il maschio, incapace di ridefinirsi, reagisce come istintivamente e violentemente.
Pamela: con lei muore la società di oggi
La tragica fine di Pamela, avvenuta nel silenzio collettivo, oggi urla e grida vendetta. É inaccettabile che nel 2025 l’uomo possa pensare che avere una donna al suo fianco possa significare possederla, disporre del suo presente e del suo futuro, determinare la sua vita. La storia di Pamela non può essere archiviata come l’ennesimo caso di cronaca nera. Dovrebbe essere una lezione collettiva, un grido che non possiamo più ignorare. Proteggere le donne non può più significare solo punire chi le colpisce ma deve necessariamente significare impedire che qualcuno possa crescere convinto di poterlo fare.
Conclusioni dopo il caso Pamela
Una voce spezzata deve vivere dentro noi, la sua libertà negata deve essere la nostra libertà. Giustizia subito, formazione ed educazione al rispetto ed al valore della vita domani e sempre. Le leggi da sole non possono bastare se non cambiano le teste ed i cuori.