
Quanto è andato in onda ieri sulla Rai ha dell’incredibile. In un servizio del Tg3, in collegamento da Udine prima della partita Italia-Israele (qualificazioni mondiali), il giornalista Jacopo Cecconi ha detto: «L’Italia ha la possibilità di eliminare Israele almeno sul campo, vincendo». Immediatamente è scoppiata la prevedibile polemica. Reazioni politiche molto forti, accuse di evocare odio nei confronti dello Stato di Israele e di oltrepassare il confine tra una normale cronaca sportiva e un linguaggio che può sembrare carico di significati politica-etnici più ampi. Il periodo di tensione che viviamo ed il contesto non propriamente adeguato ha contribuito ad accendere gli animi e le contestazioni.
Le difese e le precisazioni della Rai
Dopo le critiche, Cecconi e il Comitato di Redazione del Tg3 hanno tentato a chiarire che l’affermazione si riferiva solo al contesto calcistico. Inoltre la Rai ed i suoi colleghi intendono oggi specificare che l’affermazione “almeno sul campo” è da riferirsi solo alla paventata ipotesi delle settimane scorse di una eliminazione “a tavolino” (cioè Israele esclusa dalle competizioni per ragioni non sportive). Infine, la tesi difensiva, sostiene che non ci sarebbe stata né intenzione né allusione all’“eliminazione dello Stato di Israele” come entità politica o geografica.
Allora perché molte persone hanno reagito duramente?
Ci sono vari motivi per cui le sue parole sono state ritenute problematiche: certamente la parola forte e cruda “eliminare”, fuori contesto, può evocare idee di cancellazione, esclusione totale e definitiva. Anche se l’intento fosse da ritenersi puramente sportivo, l’uso di “eliminare” quando si parla di una nazione e non solo di una squadra può generare ambiguità. Difatti, il contesto politico e sociale che viviamo, dove si parla molto del conflitto israelo-palestinese, delle tensioni internazionali, degli episodi di violenza, delle manifestazioni pro-Palestina, avrebbe inevitabilmente determinato che certe formulazioni vengano poi lette non solo come sport, ma come parte di un discorso più ampio, politico, e talvolta violento.
Rai, il servizio pubblico presuppone responsabilità e linguaggio adeguato
Quando si rappresenta la Rai e si lavora per l’emittente del servizio pubblico, bisogna farlo con obblighi di equilibrio, imparzialità, e rispetto del pubblico, assumendo difatti una responsabilità maggiore. Le parole trasmesse su una rete nazionale possono amplificare tensioni, essere utilizzate strumentalmente, dare luogo a fraintendimenti. Anche se si volesse credere alla buona fede di Cecconi, il quale quindi non avrebbe inteso fare apologia di violenza o guerra contro lo Stato di Israele, non si poteva non prevedere che molte persone lo avrebbero poi percepito come un segnale pericoloso e perché no politicizzato determinando così un modo ambiguo per accendere l’ostilità, causando divisioni ed alimentando odio.
Cosa significa questo per il discorso sul razzismo, antisemitismo e odio
Criticare uno Stato, una politica, è legittimo proprio perchè siamo in un contesto di democrazia. Usare però termini che richiamano eliminazione, distruzione, può oscillare verso forme di incitamento o almeno di normalizzazione dell’idea che lo Stato criticato non meriti di esistere politicamente o socialmente. Ci sono poi varie forme di antisemitismo. Non è detto che chi pronuncia certe frasi sia esplicitamente antisemita oppure che volesse offendere la comunità ebraica. Tuttavia, il linguaggio ha un peso, e certe espressioni possono frapporsi sottilmente tra critica e odio, specie se condite da contesto di polarizzazione politica, social media, discorsi conflittuali. Un giornalista che fa delle forme di espressione e comunicazione la propria ragion d’essere non può tralasciare certi aspetti.
Conclusioni sul caso Rai
Questa vicenda, pur essendo originata in ambito sportivo, dimostra come parole apparentemente innocue possano avere ripercussioni ben oltre il campo di gioco. E non è solo questione di intenzioni: è questione di come il linguaggio entra nel discorso pubblico, come si interpreta, come può alimentare o ridurre l’odio. Personalmente ritengo che la Rai e i giornalisti in generale dovrebbero fare più attenzione nei momenti di tensione politica, mediatica, internazionale. Le istituzioni e i cittadini hanno il diritto di sollevare la questione quando il linguaggio diventa carico di possibili implicazioni dannose. Soprattutto il giornalista deve mantenere un atteggiamento equilibrato sempre, che non significa certo non esprimere opinioni, ma che le stesse non debbano in alcun modo generare odio ed alimentare le contrapposizioni.