
Rilascio ostaggi confermato da Hamas: scambio previsto all’alba, supervisionato da truppe USA
Il conto alla rovescia è iniziato. Dopo 735 giorni di prigionia, Hamas si prepara a rilasciare i 20 ostaggi israeliani ancora vivi, detenuti nella Striscia di Gaza. Lunedì mattina, secondo quanto dichiarato dal funzionario Osama Hamdan, inizierà ufficialmente lo scambio di prigionieri previsto dall’accordo firmato nei giorni scorsi. In cambio, Israele libererà circa 2.000 detenuti palestinesi, tra cui 250 condannati all’ergastolo. Il rilascio ostaggi rappresenta il fulcro della prima fase di un’intesa diplomatica che potrebbe segnare una svolta storica nel conflitto israelo-palestinese.
La macchina diplomatica si muove
Il vertice internazionale previsto a Sharm El-Sheikh lunedì vedrà la partecipazione di oltre venti Paesi, tra cui Stati Uniti, Spagna, Giappone, India, Grecia e Canada. Israele non sarà presente, così come Hamas, ma le rispettive posizioni sono state formalmente trasmesse ai mediatori: Egitto, Qatar e Turchia. Gli Stati Uniti hanno invitato anche l’Iran, segnale di una volontà di coinvolgere tutti gli attori regionali, nonostante le tensioni storiche.
A rappresentare l’Unione europea sarà il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, dopo il forfait dell’Alto rappresentante Kaja Kallas. “Questo piano offre una reale opportunità per costruire una pace giusta e duratura”, ha dichiarato il portavoce di Costa, sottolineando l’impegno dell’Ue nel sostenere l’attuazione dell’accordo.
Trump in Medio Oriente: firma e simbolismo
La liberazione degli ostaggi coinciderà con l’arrivo del presidente statunitense Donald Trump in Israele, prima di recarsi in Egitto per la cerimonia ufficiale di firma. La sua presenza è vista come garanzia di attuazione del piano, che prevede anche il ritiro parziale delle truppe israeliane fino alla cosiddetta “Linea Gialla”. Circa 200 militari statunitensi sono già arrivati in Israele per monitorare il cessate il fuoco, mentre l’ONU ha ripreso l’invio di aiuti umanitari.
Gaza tra speranza e devastazione
Nel frattempo, la popolazione palestinese tenta di tornare alle proprie abitazioni, o a ciò che ne resta. Secondo le stime, circa 500.000 sfollati stanno rientrando verso Gaza City. Il rilascio ostaggi e la tregua hanno acceso una fiammella di speranza, ma il bilancio umano resta drammatico: 150 corpi recuperati, 9.500 dispersi. Hamas ha respinto il disarmo previsto nella seconda fase dell’accordo, lasciando aperti interrogativi sulla stabilità futura.
Il rilascio ostaggi come atto simbolico
Il rilascio ostaggi non è solo una misura umanitaria, ma un gesto simbolico che potrebbe ridefinire gli equilibri regionali. Le famiglie degli ostaggi, riunite in piazza a Tel Aviv, hanno espresso gratitudine e cautela. “Vogliamo la pace, ma non dimentichiamo il dolore”, ha dichiarato una madre, il cui figlio è tra i 48 prigionieri di Hamas.
Secondo fonti israeliane, 26 ostaggi sarebbero deceduti durante la prigionia, mentre altri due risultano ancora dispersi. Lo scambio previsto include anche la restituzione di 360 corpi di miliziani palestinesi, ma non quelli dei leader Yahya e Mohammed Sinwar. Israele ha posto il veto su alcuni nomi, tra cui Marwan Barghouti e Ahmad Saadat, escludendoli dal rilascio.
Una tregua fragile, ma necessaria
La prima fase dell’accordo procede senza ostacoli, ma la seconda, che include il disarmo di Hamas e la transizione verso una nuova governance della Striscia, resta incerta. La comunità internazionale osserva con attenzione, consapevole che il rilascio ostaggi è solo il primo passo verso una pace che dovrà essere costruita con pazienza, giustizia e memoria.