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Salute mentale: medici e infermieri italiani tra depressione, ansia e rischio di abbandono della professione.
La salute mentale del personale sanitario italiano è oggi al centro di una crisi che non può più essere ignorata. I numeri parlano chiaro: il 28% dei medici soffre di depressione, mentre tra gli infermieri il disagio cresce al punto che il 16,7% dichiara di voler abbandonare la professione. Una fotografia che emerge dalla più grande indagine mai realizzata dall’OMS/Europa, la ricerca MeND, condotta su oltre 90.000 operatori in 29 Paesi.
Un sistema sotto pressione
La quotidianità negli ospedali italiani è segnata da turni estenuanti, contratti precari e un clima di tensione che spesso sfocia in episodi di bullismo, minacce e persino violenza fisica. Secondo i dati, un operatore su tre ha subito molestie o aggressioni nell’ultimo anno. A questo si aggiungono carichi di lavoro insostenibili: un medico su quattro supera le 50 ore settimanali, mentre un infermiere su quattro lavora con contratti temporanei.
Le conseguenze sono pesanti: fino al 40% del personale con sintomi depressivi ha dovuto ricorrere a congedi per malattia, e tra l’11% e il 34% degli operatori ha pensato di lasciare il lavoro. La salute mentale diventa così un indicatore cruciale della tenuta del sistema sanitario.
Italia e il divario con l’Europa
Il quadro italiano appare ancora più fragile se confrontato con il resto del continente. Nel nostro Paese ci sono 106,6 medici e infermieri ogni 10.000 abitanti, contro una media europea di 123,5. Il rapporto tra infermieri e medici è fermo a 1,6, mentre oltreconfine raggiunge 2,2. A pesare è anche l’età avanzata del personale: il 34,9% ha più di 55 anni, contro il 32% della media europea.
Questi numeri raccontano un sistema già in difficoltà, che deve affrontare livelli elevati di ansia e depressione tra i professionisti. Tra i medici italiani, la depressione colpisce il 28% (contro il 25% europeo), mentre l’ansia riguarda il 24%, in linea con il resto del continente. Gli infermieri mostrano un quadro simile: il 32% soffre di depressione, il 24% di ansia, con percentuali vicine alla media europea.
La fatica sommersa degli operatori
Dietro le statistiche si nasconde una realtà quotidiana fatta di sacrifici e resilienza. Nonostante il peso del disagio, tre medici su quattro e due infermieri su tre dichiarano di trovare ancora significato nel proprio lavoro. È una motivazione che resiste, ma che rischia di non bastare di fronte a un sistema che continua a logorarsi.
Il punteggio WHO-5, che misura il benessere psicologico, conferma questa fragilità: gli infermieri italiani si fermano a 48 punti, contro i 50 dei colleghi europei. I medici raggiungono quota 51, in linea con il resto del continente, ma il divario interno tra le due categorie evidenzia una tensione che mina la coesione del personale sanitario.
La tentazione dell’abbandono
Il dato più allarmante riguarda la crescente intenzione di lasciare la professione. In Italia, il 9,7% dei medici e il 16,7% degli infermieri pensa di cambiare strada, percentuali superiori alla media europea. Ogni rinuncia rappresenta non solo una perdita numerica, ma un colpo alla sicurezza sanitaria del Paese.
Entro il 2030, in Europa mancheranno quasi un milione di operatori sanitari. Per l’Italia, già alle prese con un personale più anziano e un rapporto infermieri/medici tra i più bassi, questa prospettiva rischia di trasformarsi in una vera emergenza.
Le soluzioni indicate dall’OMS
Per evitare che la crisi diventi irreversibile, l’OMS ha tracciato una lista di priorità: tolleranza zero per la violenza, turni più prevedibili, gestione equa degli straordinari, riduzione dei carichi di lavoro, formazione dei leader, supporto psicologico e monitoraggio continuo del benessere del personale.
Sono misure che puntano a rafforzare la salute mentale degli operatori, restituendo dignità e sostenibilità a una professione che oggi appare logorata. La sfida è metterle in pratica prima che il sistema collassi sotto il peso della domanda di cura.
Conclusione
La salute mentale del personale sanitario italiano è un tema che riguarda non solo chi lavora negli ospedali, ma l’intera società. Ogni medico o infermiere che cede alla pressione rappresenta un vuoto che si traduce in minore sicurezza per i cittadini.
La crisi non è invisibile: i numeri la rendono evidente. Ma la risposta non può limitarsi alla constatazione. Servono politiche concrete, investimenti e un cambio di prospettiva che metta la salute mentale al centro della sanità pubblica. Solo così sarà possibile garantire un futuro in cui curare non significhi ammalarsi.
