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Quando la giustizia europea entra in campo: la Sentenza Diarra cambia le regole del gioco tra FIFA, club e calciatori.
Nel cuore delle aule di giustizia europee si è consumata una battaglia che potrebbe ridefinire il futuro del calcio professionistico. La “Sentenza Diarra”, pronunciata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, non è solo il punto di arrivo di una lunga vicenda personale, ma l’inizio di una nuova era per i diritti dei calciatori.
Il Caso: Da Mosca a Lussemburgo
Tutto ha inizio nel 2013, quando Lassana Diarra, ex centrocampista di Real Madrid e Arsenal, firma con la Lokomotiv Mosca. Dopo una stagione turbolenta, il club russo rescinde il contratto per motivi disciplinari e chiede alla FIFA un risarcimento di 20 milioni di euro. Diarra viene condannato a pagare 10,5 milioni, squalificato e bloccato dal mercato internazionale: nessun club osa tesserarlo, temendo ripercussioni disciplinari.
Nel 2015, il Charleroi tenta di ingaggiarlo, ma la Federazione Belga non può registrare il contratto senza il certificato internazionale di trasferimento (ITC), trattenuto dalla Lokomotiv. Il caso si trasforma in una questione di diritto europeo: il Charleroi porta la vicenda davanti alla Corte UE, accusando FIFA e URBSFA di aver violato la libera circolazione dei lavoratori.
La Sentenza Diarra: Libertà vs. Potere
Con la pronuncia C-650/22, la Corte di Giustizia stabilisce che le norme FIFA che impediscono il tesseramento di un giocatore svincolato senza giusta causa sono contrarie agli articoli 45 e 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. In particolare, viene condannata la sproporzione delle sanzioni economiche e disciplinari, che scoraggiavano i calciatori dal cercare nuove opportunità.
La “Sentenza Diarra” segna una svolta epocale: per la prima volta, le regole di una federazione sportiva vengono giudicate incompatibili con i principi fondamentali del diritto europeo. Il calcio, da sistema chiuso e autoreferenziale, viene ricondotto sotto l’ombrello della giustizia comunitaria.
La Battaglia per il Risarcimento
Forte della sentenza, Diarra ha chiesto alla FIFA un risarcimento di 65 milioni di euro per danni economici e morali. Secondo il giocatore, le sanzioni subite hanno compromesso la sua carriera e violato i suoi diritti fondamentali. Se la richiesta venisse accolta, si aprirebbe un precedente clamoroso: la FIFA potrebbe essere ritenuta giuridicamente responsabile per le conseguenze delle proprie normative.
Gli esperti di diritto sportivo parlano di un “effetto domino”: altri calciatori potrebbero seguire l’esempio di Diarra, chiedendo compensazioni per sanzioni ritenute ingiuste o discriminatorie.
Verso una Riforma del Regolamento FIFA
La Corte UE ha imposto alla FIFA un ripensamento profondo delle proprie regole. Tra le ipotesi allo studio: meccanismi di arbitrato più trasparenti, sanzioni economiche più proporzionate e maggiore coinvolgimento dei sindacati dei giocatori. L’obiettivo è chiaro: garantire un equilibrio tra la libertà contrattuale dei calciatori e la stabilità economica dei club.
Questa riforma potrebbe avvicinare il calcio a un modello più europeo e garantista, simile a quello vigente in altri settori del lavoro. La sfida sarà trovare un compromesso che tuteli i diritti dei lavoratori sportivi senza destabilizzare il sistema.
Giovani Liberi: La Fine dei Vincoli Pluriennali
In linea con la “Sentenza Diarra”, la FIGC ha introdotto dal 1° luglio 2025 una norma che abolisce i contratti unilaterali di lunga durata per i “Giovani di Serie”. Le società potranno stipulare solo contratti triennali o di apprendistato, garantendo più libertà e tutele ai giovani calciatori.
Questa misura rafforza la tendenza verso un calcio più equo e moderno, proprio nell’anno in cui il mondo si prepara ai Mondiali FIFA 2026. Questa sentenza non è solo una vittoria personale, ma un manifesto per un calcio più giusto, dove i diritti dei giocatori non siano sacrificati sull’altare del potere federale.
