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Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni contro Francesca Albanese. La donna é la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati. Albanese è una nota critica degli abusi che Israele compirebbe nei territori palestinesi. La relatrice aveva criticato anche l’offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza. Le sanzioni sono l’ultimo passo di una serie di misure che gli Stati Uniti e Israele hanno messo in atto contro di lei.
Stati Uniti, il comunicato di Rubio
Il segretario di Stato statunitense Marco Rubio ha accusato Francesca Albanese di antisemitismo e ha detto che sta portando avanti «una campagna di guerra politica ed economica contro gli Stati Uniti e Israele». Il comunicato del dipartimento di Stato non fornisce dettagli sulle sanzioni. E’ probabile che finché le sanzioni saranno in vigore Albanese non potrà entrare negli Stati Uniti. Probabilmente lo Stato sequestrerà i suoi beni. Albanese non ha commentato pubblicamente le sanzioni. In un messaggio a un giornalista di Al Jazeera così ha scritto la donna: «No comment sulle tecniche di intimidazione in stile mafioso».
Chi è Francesca Albanese
Albanese è una giurista italiana, relatrice speciale delle Nazioni Unite dal 2022. I relatori speciali sono ricercatori indipendenti. La giurista in particolare ha il compito di valutare la situazione dei diritti umani della popolazione palestinese. Deve riferirla annualmente al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, dando anche delle raccomandazioni su come migliorarla. Soprattutto in questi ultimi anni, Albanese è stata una delle critiche di più alto profilo dei crimini che Israele avrebbe commesso nella Striscia di Gaza. Ha criticato anche l’occupazione militare della Cisgiordania. Secondo quanto scritto nel suo Rapporto del 2024, la condotta di Israele nella Striscia di Gaza configura il crimine di genocidio previsto dalla Convenzione del genocidio del 1948 (l’accordo internazionale che lo codifica).
Le conseguenze dell’esposizione pubblica
Questa esposizione pubblica ha fatto di Albanese un oggetto delle critiche e delle ritorsioni di Israele e, più di recente, dell’amministrazione statunitense di Donald Trump. Nel febbraio del 2024 Israele non ha consentito alla relatrice l’ingresso nel Paese. Il dipartimento della Giustizia statunitense contro l’antisemitismo aveva chiesto ultimamente di rimuoverla dal suo incarico. Il dipartimento di Stato accusa Albanese di aver sostenuto le cause della Corte Penale internazionale contro membri del governo israeliano, tra cui il primo ministro Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant.
Poiché né gli Stati Uniti né Israele riconoscono la Corte, il dipartimento di Stato considera quello di Albanese un accanimento ingiusto. In secondo luogo, gli Stati Uniti accusano Albanese di aver «minacciato l’interesse nazionale e la sovranità degli Stati Uniti». Con il suo lavoro ha accusato «decine di aziende in tutto il mondo, comprese importanti compagnie americane» di contribuire alla distruzione del popolo palestinese. Queste le cause che hanno portato alle sanzioni.
“Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio”
La giurista ha presentato il rapporto Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio al Consiglio dei diritti umani la settimana scorsa. In esso cita più di 45 aziende che, secondo Albanese, «fanno profitti sulla distruzione di vite innocenti». Nel rapporto Albanese cita le aziende militari, e in particolare quelle che producono i caccia F-35, usati tra gli altri da Israele per bombardare la Striscia di Gaza. L’azienda americana Lockheed Martin produce gli F-35, ma usa componenti prodotti da centinaia di fornitori. Tra questi Albanese cita l’italiana Leonardo.
Lockheed Martin, in un comunicato fatto avere a Reuters, ha affermato che non è l’azienda a vendere direttamente gli F-35 a Israele, ma il governo degli Stati Uniti. «Le vendite militari all’estero sono transazioni tra governi». Il rapporto fa riferimento poi ad aziende tecnologiche americane (tra le altre Google, Microsoft, Amazon, IBM, Palantir) che forniscono tecnologie cosiddette “dual-use”. Il termine vuol significare che vendono forniture per scopi civili ma che Israele le può usare anche per le proprie attività militari. Per esempio usano i server per raccogliere dati per attività di sorveglianza e per fornire infrastrutture tecnologiche all’esercito. Alcune delle aziende citate, come per esempio Alphabet, la holding che controlla Google, sostengono che i propri contratti di fornitura al governo israeliano siano esclusivamente per uso civile.
Albanese contro altri settori economici
Il rapporto di Albanese parla anche di altri settori economici. La ricercatrice per esempio accusa Caterpillar e Volvo di produrre i mezzi pesanti (come bulldozer) che l’esercito israeliano utilizza per distruggere abitazioni e infrastrutture nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. Accusa inoltre varie banche, tra cui Barclays e BNP Paribas, di avere comprato titoli di stato israeliani negli ultimi due anni. In questo modo sostengono l’economia del paese fornendo i mezzi finanziari per portare avanti l’offensiva su Gaza. Nelle sue conclusioni Albanese ha chiesto di imporre sanzioni e un embargo alla vendita di armi su Israele. Ha chiesto anche di imporre conseguenze pesanti, come sanzioni e congelamento dei beni, contro «entità e individui coinvolti in attività che potrebbero danneggiare i palestinesi».