
Strage annunciata: debiti, degrado e minacce ignorate dietro l’esplosione che ha ucciso tre servitori dello Stato
La notte tra il 14 e il 15 ottobre 2025, in via San Martino 22 a Castel d’Azzano, si è consumata una tragedia che ha scosso l’Italia intera: tre carabinieri sono morti in seguito all’esplosione di un casolare. A provocarla, secondo le indagini della Procura di Verona, sono stati i fratelli Ramponi — Franco, Dino e Maria Luisa — che da tempo vivevano in condizioni estreme, tra debiti, isolamento e minacce di gesti disperati2.
La dinamica della strage
Alle 3:15 del mattino, durante un’operazione di perquisizione ordinata dal procuratore generale Raffaele Tito, le forze dell’ordine si sono avvicinate al casolare. L’aria era satura di gas, le bombole disseminate all’interno, e sul tetto erano state posizionate molotov. Secondo le ricostruzioni, è stata Maria Luisa Ramponi ad azionare l’innesco con un accendino, provocando una deflagrazione devastante3.
Le vittime
I carabinieri Marco Piffari, Davide Bernardello e Valerio Daprà sono morti sul colpo. Ventisette persone sono rimaste ferite, alcune in modo grave. I colleghi sopravvissuti parlano di un “film di paura”, di giubbotti antiproiettile anneriti e di corpi tra le macerie5.
Un piano premeditato
Non si è trattato di un gesto improvvisato. Già nell’ottobre 2024 i fratelli Ramponi avevano minacciato di farsi esplodere per evitare lo sgombero. Avevano saturato la casa di gas e si erano barricati. La situazione si è ripetuta un anno dopo, con esiti tragici6.
Il contesto economico e sociale
La famiglia Ramponi, un tempo proprietaria di un’azienda agricola, era rovinata dai debiti. Tutto iniziò con un mutuo da 70 mila euro richiesto da Franco Ramponi al Credito Padano per trasformare il terreno in un frutteto. Le rate non vennero mai pagate. Franco cercò di svincolarsi denunciando lo smarrimento della carta d’identità e sostenendo che la firma fosse falsa. La banca non gli credette e avviò il pignoramento8.
Vivere come in una grotta
I vicini raccontano di una vita senza luce né gas, in condizioni di degrado assoluto. I tre fratelli vivevano abusivamente nel casolare, sfuggendo da anni allo sfratto. Nessuno aveva mai visto entrare il curatore. La casa doveva essere venduta all’asta proprio questo mese9.
Conclusione
La strage di Castel d’Azzano non è solo una tragedia, ma l’epilogo di una spirale di isolamento, rancore e disperazione. Una “strage annunciata”, come l’ha definita la stampa locale, che pone interrogativi profondi sulla gestione degli sfratti, sull’assistenza sociale e sul ruolo delle istituzioni nel prevenire il collasso umano prima che diventi esplosione10.