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Tassazione extraprofitti bancari: tra utili record e nuove ipotesi fiscali nel 2024
Nel 2024 gli istituti di credito italiani hanno registrato utili per 46,466 miliardi di euro, secondo i dati della FABI (Federazione Autonoma Bancari Italiani). Un risultato che triplica i profitti del 2021 e supera di oltre 5 miliardi quelli già eccezionali del 2023. A trainare questa crescita non sono stati solo i margini di interesse, ma soprattutto le commissioni sui servizi, diventate sempre più centrali nel modello di ricavo bancario.
Questo boom ha riacceso il dibattito politico sulla tassazione degli extraprofitti bancari, una misura già introdotta nel 2023 con scarsi risultati. Allora, l’imposta del 40% sul margine aggiuntivo rispetto all’anno precedente fu neutralizzata da un emendamento che consentiva alle banche di destinare a riserva patrimoniale una cifra pari a 2,5 volte l’imposta. Quasi tutte optarono per questa via, rendendo nullo il gettito previsto.
Extraprofitti: una definizione politica più che economica
Il concetto di “extraprofitti” non appartiene alla teoria economica classica, ma nasce da una lettura politica e mediatica dei dati. In termini tecnici, le banche generano profitti dalla differenza tra entrate (interessi attivi e commissioni) e uscite (interessi passivi e costi operativi). L’extraprofitto è dunque l’utile “in eccesso” generato da condizioni straordinarie, come l’impennata dei tassi d’interesse tra il 2022 e il 2023, che ha ampliato i margini di interesse in modo repentino.
Nel 2024, però, il contesto è cambiato. I tassi BCE sono scesi al 2,15% e l’aumento dei margini di interesse è stato contenuto: +2,3 miliardi rispetto al 2023, contro i +16,6 miliardi dell’anno precedente. A crescere maggiormente sono state le commissioni, che le banche hanno alzato per compensare il calo previsto nei guadagni da interessi.
Indicatori di solidità e efficienza
Oltre agli utili, anche altri indicatori segnalano la buona salute del settore. Il ROE (Return on Equity) ha raggiunto il 13,3%, più del doppio rispetto al 2021. Il Cost/Income Ratio è sceso al 53,2%, segno che i costi operativi crescono meno dei ricavi. La riduzione degli sportelli bancari, scesi sotto quota 20.000, ha contribuito a contenere le spese, ma ha anche sollevato interrogativi sulla qualità del servizio ai cittadini.
Le posizioni politiche: tra equità e libero mercato
La Lega spinge per reintrodurre una forma di tassazione sugli extraprofitti, sostenendo che un settore così florido debba contribuire alle spese pubbliche, come quelle per la difesa. Forza Italia, invece, si oppone fermamente, ritenendo che tassare gli utili significhi punire chi produce valore e violare i principi del libero mercato.
Una proposta alternativa è la tassazione dei buyback, ovvero gli acquisti di azioni proprie da parte delle banche. Questi strumenti rafforzano la patrimonializzazione e aumentano il valore per gli azionisti, ma potrebbero essere visti come una leva fiscale più equa rispetto ai margini di interesse.
Il rischio di fuga dei capitali
Gli oppositori della tassazione temono che, in un contesto di tassi in discesa e utili meno legati ai margini di interesse, una nuova imposta possa scoraggiare gli investitori. Il mercato azionario italiano è già fragile e fortemente dipendente dal settore bancario e assicurativo, che rappresenta il 60% della capitalizzazione. Un intervento fiscale mal calibrato potrebbe spingere i capitali verso mercati più stabili o meno regolamentati.
Conclusione
La tassazione degli extraprofitti bancari resta una questione aperta, sospesa tra esigenze di equità fiscale e timori di destabilizzazione finanziaria. Con utili da record e una crescente dipendenza dalle commissioni, il settore bancario italiano è sotto i riflettori. Ma trovare un equilibrio tra contributo pubblico e libertà d’impresa sarà la vera sfida politica dei prossimi mesi.
