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Discriminazione territoriale nei confronti dei tifosi napoletani: un divieto di trasferta che viola diritti costituzionali, norme europee e principi sportivi, sollevando proteste e azioni legali.
Ne avevamo parlato solo pochi giorni fa, e purtroppo la realtà ha confermato i timori: un nuovo divieto di trasferta colpisce i tifosi del Napoli residenti in Campania. La misura, adottata in vista della partita Bologna-Napoli del 9 novembre 2025, ha riacceso il dibattito su un tema che va ben oltre il calcio: la discriminazione territoriale.
La diffida: un atto di denuncia istituzionale
Il Comitato “Con Te Napoli” e l’Associazione Italiana Napoli Club, rappresentati dall’Avv. Angelo Pisani, hanno inviato una diffida formale alle più alte cariche dello Stato. L’obiettivo: ottenere la revoca immediata del provvedimento che vieta l’acquisto dei biglietti ai residenti campani, considerato incostituzionale e contrario alle norme europee e sportive.
I diritti negati
Nel documento si denunciano numerose violazioni:
- Art. 3, 16, 21 e 97 della Costituzione: uguaglianza, libertà di circolazione, libertà di espressione e imparzialità della Pubblica Amministrazione.
 - Art. 14 CEDU e Art. 21 della Carta dei Diritti UE: divieto di discriminazione.
 - Regolamenti UEFA e FIFA: obbligo di garantire accesso equo agli eventi sportivi.
 
Il divieto, basato unicamente sulla residenza, viene definito “una grave e inammissibile discriminazione territoriale”.
Sicurezza o scorciatoia?
Nonostante l’esistenza della Tessera del Tifoso, strumento di identificazione individuale, si è scelto di colpire un’intera comunità. Secondo i promotori della diffida, è il segnale di un fallimento organizzativo: invece di prevenire i rischi reali, si puniscono cittadini rispettosi delle regole.
Lo sport che divide
Lo sport dovrebbe unire, non dividere. Eppure, vietare ai tifosi napoletani di seguire la propria squadra significa negare la funzione sociale ed educativa dello sport, sancita anche dalla Costituzione e dalla Carta Olimpica.
Danni economici e morali
Molti tifosi avevano già prenotato viaggi e alloggi. Il danno è doppio: economico e morale. Si preannuncia una class action e un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Ultimatum alle istituzioni
La diffida dà 48 ore di tempo per revocare il divieto. In caso contrario, scatteranno azioni legali e una campagna di denuncia pubblica. Il messaggio è chiaro: la discriminazione territoriale non può diventare prassi.
