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Boicottaggio Bancario: Quando lo Stato eredita la mafia e le banche scappano
In Calabria, il paradosso è quotidiano: se ti chiami Piromalli, Molè, Pesce o Bellocco, le banche ti aprono le porte. Se invece è lo Stato a bussare, quelle stesse porte si chiudono con un tonfo. È la legge non scritta della ‘ndrangheta, che continua a dettare le regole anche quando i boss sono dietro le sbarre e i loro imperi sotto sequestro.
Le imprese confiscate: da potere economico a condanna
Le imprese confiscate ai clan mafiosi, anziché rinascere, muoiono. Non per incapacità gestionale, ma per un boicottaggio sistemico. Le banche ritirano il credito, le assicurazioni le garanzie, i fornitori pretendono pagamenti immediati. Il messaggio che arriva alla gente è devastante: la ‘ndrangheta dà lavoro, lo Stato porta disoccupazione.
La denuncia di Larizza: “Lo Stato non ha alleati”
Domenico Larizza, amministratore giudiziario a Reggio Calabria, lo denuncia senza mezzi termini: “L’intero sistema economico si chiude a riccio di fronte allo Stato. È una vergogna”. Larizza combatte per salvare aziende come la Nifral srl, 70 dipendenti e 20 milioni di fatturato, sequestrata all’ex consigliere Udc Pasquale Inzitari. Ma il sistema lo ostacola: franchising che ritirano i contratti, supermercati che tolgono le insegne, banche che voltano le spalle.
I numeri del fallimento
I numeri parlano chiaro: in Italia ci sono 1.185 aziende confiscate alla mafia. Il 38% in Sicilia, il 19% in Campania, il 14% in Lombardia. In Calabria solo 95, ma tutte sull’orlo del crac. Antonio Maruccia, commissario straordinario per i beni confiscati, lo aveva già detto: “Le banche perdono fiducia e tagliano i finanziamenti”.
Il nodo delle ipoteche: il cappio delle banche
E poi c’è il nodo delle ipoteche. Luigi Ciotti di Libera lo definisce “il vero problema”: tra il 30 e il 35% dei beni confiscati non sono utilizzabili perché ipotecati. E si domanda: “Chi ha concesso quei mutui ai boss e ai loro prestanome? Le stesse banche che ora bloccano tutto”.
La proposta: responsabilità e incentivi
Il procuratore capo Giuseppe Pignatone propone una via d’uscita: responsabilità centrale delle banche, incentivi fiscali, coinvolgimento delle coop e delle grandi catene. Ma finché il credito resta ostaggio del sospetto, lo Stato continuerà a perdere la partita.
