Riccardo Chiarioni nella notte tra il 31 agosto e il primo settembre 2024 sterminò la famiglia – padre, madre e fratello – con oltre 100 coltellate. L’eccidio è avvenuto a Paderno Dugnano, in provincia di Milano. Di seguito alcuni dettagli riportati da Skytg24.
Stefano Chiarioni condannato a 20 anni
Sono state pubblicate le motivazioni della condanna a 20 anni dell’imputato. La giudice, pur tenendo conto delle attenuanti generiche e della minore età, ha ritenuto sussistere la premeditazione. La stessa non ha riconosciuto invece il vizio parziale di mente certificato accertato dai periti. Dopo le motivazioni depositate oggi, l’avvocato Amedeo Rizza, che difende Chiarioni, ha spiegato che presenterà ricorso in appello contro la sentenza.
Nel documento i dettagli dell’atroce delitto
Le motivazioni, firmate dalla giudice Paola Ghezzi, in 51 pagine ricostruiscono la strage avvenuta nella villetta di quella che tutti ritenevano, come si legge nel documento, una “famiglia normale”. Strage che è sempre rimasta senza un vero movente. Presenti nel documento anche dichiarazioni e interrogatori del ragazzo, che ora ha quasi 19 anni, e testimonianze di altri suoi familiari. Riccardo Chiarioni era “guidato da un pensiero stravagante” e “bizzarro”, cioè raggiungere “l’immortalità attraverso l’eliminazione della propria famiglia”, ma era ancora sotto il suo “controllo”. Tanto che ha “distinto la realtà dall’immaginazione” e “ha lucidamente programmato, attuato, variato secondo il bisogno le proprie azioni, prima, durante e doро” i delitti.
Chiarioni un manipolatore
Il magistrato descrive Chiarioni un “manipolatore”, che ha progettato gli omicidi “nei minimi dettagli”, che ha manifestato “scaltrezza” nel “tendere la trappola per uccidere i genitori nella sua cameretta e non nella camera matrimoniale”, dopo aver già colpito il fratello. E che ha agito in modo “sconcertante” colpendo tutti e tre in “modo cruento”, infliggendo loro “numerosissime coltellate, infierendo sui loro corpi esanimi e anche colpendo alle spalle il padre, dopo aver dato l’impressione di volersi fermare successivamente all’aggressione al fratello e alla madre”. Secondo la stessa “dall’esame del funzionamento mentale di Riccardo operato attraverso la descrizione delle sue condotte poste in essere durante la commissione dei fatti e anche successivamente, non si ravvede alcuna evidenza di una condizione psichica di instabilità e di ingovernabilità“.
Le inclinazioni naziste, fasciste ed omofobe
La giudice ricorda anche, come era già emerso, che dall’analisi dei dispositivi del ragazzo erano emerse immagini, come la foto del Mein Kampf, o “esternazioni di pensiero comprovanti la sua inclinazione verso l’ideologia fascista”, nazista e “omofoba”.
La posizione della difesa
Amedeo Rizza, avvocato difensore di Riccardo Chiarioni, ha spiegato che presenterà ricorso in appello contro la sentenza. “Ovviamente non condivido questa motivazione. Il giudice non ha preso atto della concreta incidenza e del nesso di causalità che c’è tra la patologia di Riccardo e il reato commesso“, ha detto il legale. L’avvocato si basa su una perizia, disposta dal gip nel corso del procedimento. Essa accertava un vizio parziale di mente del ragazzo e, dunque, una capacità di intendere e di volere parzialmente scemata al momento dei fatti. Vizio parziale non riconosciuto nel verdetto.
La giudice, ha spiegato il difensore, “pur riconoscendo un disturbo psichiatrico, un’idea dominante nel raggiungere il progetto dell’immortalità”, di cui ha parlato il ragazzo che a ottobre compirà 19 anni, e “la necessità di cure” per lui, “ha ritenuto che, visto il comportamento avuto dal minore prima, durante e dopo l’omicidio, tale disturbo riconosciuto non ha inciso nella capacità del volere”. E in relazione alla pena, “pur riconoscendo la necessità di concedere le attenuanti generiche con criterio di prevalenza per mitigarla”, sempre la giudice “alla fine ha dato il massimo” previsto nei procedimenti minorili con rito abbreviato, ossia con lo sconto di un terzo. Dopo il ricorso ci sarà un processo d’appello.
