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Il giustizialismo come surrogato del processo penale è senza dubbio uno dei fenomeni più preoccupanti degli ultimi anni. Nel dibattito pubblico italiano il processo penale è ormai percepito come un intralcio, non come una garanzia. È lento, complesso, faticoso. Richiede prove, non suggestioni; contraddittorio, non slogan; regole, non emozioni. Per questo viene sempre più spesso sostituito da un suo surrogato: il giudizio morale anticipato, veicolato dalla cronaca giudiziaria e amplificato dai social network. Oggi si preferisce il titolo sensazionalistico, l’opinione medio bassa, la polemica inutile e spicciola, oggi al processo penale si preferisce la lotta senza sconti mediatica, oggi rileva una giustizia sommaria, facile e veloce, capace di generare la preda da dare impasto ai voraci lettori.
Il dato più allarmante sul fenomeno di giustizialismo mediatico
Da penalista, il dato più allarmante non è solo di tipo normativo ma soprattutto culturale. Il principio di cui all’art. 27, comma 2, Cost. – la presunzione di non colpevolezza – è formalmente intatto, ma sostanzialmente svuotato. La sua applicazione è tollerata solo fino a quando non contrasta con il concetto indefinito di “interesse pubblico”, categoria elastica che nel racconto mediatico coincide sempre più con la curiosità del pubblico. Oggi in nome del presunto interesse pubblico si combattono, lotte impari e senza precedenti, dove a farne le spese, come uniche vittime, sono il rispetto del codice penale, il rispetto dei principi costituzionali.
Il codice infamato…
L’indagine preliminare, che per il codice è fase unilaterale, provvisoria e funzionale alla verifica dell’ipotesi accusatoria, viene invece raccontata come accertamento già compiuto. L’avviso di garanzia — atto dovuto a tutela dell’indagato — è presentato come marchio infamante a carico di un soggetto già condannato dalla massa. Le misure cautelari, che presuppongono esigenze processuali e non anticipazioni di pena, vengono lette come certificazioni di colpevolezza. In questo quadro, il giudice del dibattimento — l’unico deputato all’accertamento della responsabilità penale “oltre ogni ragionevole dubbio” — arriva sempre più spesso fuori tempo massimo, chiamato a pronunciarsi su un imputato già condannato nella sfera pubblica o, in caso di assoluzione, a spiegarsi come se fosse lui l’anomalia del sistema.
Giustizialismo come torsione pericolosa del processo penale
il contraddittorio diventa un orpello; la difesa una strategia dilatoria; l’assoluzione una sconfitta della giustizia anziché la verifica della tenuta dell’accusa. Il giustizialismo contemporaneo non chiede processi migliori, ma processi inutili. Non chiede sentenze motivate, ma conferme simboliche. È una cultura che tollera l’errore solo quando colpisce “gli altri”, e che invoca le garanzie solo quando ne ha improvvisamente bisogno. Oggi il processo penale è vissuto come un intralcio alla giustizia ed è penalista, autorevole garante dei diritti, come un usurpatore pronto a vendere l’anima al diavolo senza alcun rispetto verso chi professa, o si dichiara in tal modo, la vera giustizia che oggi interessa alla gente, ossia giustizialismo da strada, da cortile, da Bar, da talkshow televisivo.
Chi alimenta il giustizialismo ?
Da uomo democratico e civile, prima ancora che avvocato penalista e professionista, devo purtroppo constatare chi ad alimentare questo triste fenomeno non è solo il popolo, a cui non si può chiedere una conoscenza pratica, tecnica e giuridica. Oggi ad alimentare l’ambientamento dei diritti e delle garanzie costituzionalmente previste, sono spesso proprio coloro che dovrebbero tutelare le stesse, partendo in primis da politici che, alla ricerca del consenso facile, si lasciano guidare dal più becero populismo denigrando, anche con attacchi diretti, i professionisti e tutela del diritto.
Il mio punto di vista…
Il punto non è richiedere il silenzio sulla giustizia. Il reale punto è pretendere, prima ancora la cittadino, rigore assoluto nel racconto. bisogna imparare a differenziare i fatti dalle ipotesi, i singoli provvedimenti da quelli che risulteranno essere le sentenze definitive, la responsabilità penale dal giudizio morale, il quale è e deve rimanere all’interno della sfera privata è strettamente personale. L’accusa che rivolgo quindi è diretta ai manipolatori di informazioni recidivi che deformano il linguaggio giuridico appositamente per rendere il diritto meno comprensibile ed il processo penale, un nemico.
Il processo penale non è fatto per soddisfare l’opinione pubblica. È fatto per resisterle
Una democrazia che accetta di sacrificare il processo penale sull’altare dell’indignazione permanente, tipica del fenomeno del giustizialismo, non sta chiedendo più giustizia: sta chiedendo solo colpevoli da dare in pasto a tutti. La verità è che oggi tutti si riempiono la bocca con la parola democrazia, ma tutela della stessa pongono in essere condotte che di democratico non hanno nulla anzi, sono se stesse le prime nemiche di uno Stato democratico e civile, di uno Stato giuridico e non uno Stato oppressore. Bisogna comprendere che processo penale e le sue 1000 norme non sono messe lì per ostacolare, bensì sono messe lì per ordinare, tutelare, la vita di ognuno di noi.
