
Immaginate Emil Cioran, maestro del disincanto, spettatore cinico dell’esistenza, intento a scrutare la superficie scintillante della nostra epoca ipermediatizzata. Davanti al culto globale di figure come Dua Lipa, Taylor Swift o Elodie, non si scomoderebbe neanche a manifestare disprezzo: piuttosto, sorriderebbe – un sorriso lento, corrosivo – cogliendo in questa celebrazione della vacuità l’ennesima conferma dell’inconveniente dell’essere nati.
In un mondo che ha fatto della sovraesposizione mediatica la sua nuova liturgia, ogni gesto diventa spettacolo, ogni volto una maschera, ogni canzone un’eco priva di eco. Per Cioran, questa danza luminosa è solo un diversivo: un abbellimento tragico, un’illusione condivisa con entusiasmo da chi desidera dimenticare – anche solo per qualche minuto – l’insensatezza originaria dell’esistere.
Pop Star: Idoli del Nulla
Dua Lipa non è un essere umano: è un riflesso. Taylor Swift non canta canzoni: performa incantesimi leggeri per tenere lontano il pensiero della morte. Elodie non danza: fluttua in uno spazio che ha abolito il tempo.
Per Cioran tutto ciò è perfettamente coerente. L’essere umano moderno è una creatura terrorizzata dal silenzio, dalla noia, dalla profondità. Preferisce la musica, purché sia abbastanza rumorosa da zittire il pensiero.
Il Circo dell’Assurdo
La sovraesposizione mediatica è diventata il nostro teatro quotidiano, un circo dell’assurdo in cui l’esistenza è trasformata in immagine, l’identità in algoritmo, la felicità in tendenza.
Nel pensiero cioraniano, non c’è via d’uscita: la consapevolezza è una condanna, ma anche l’unica forma di lucidità. E allora, meglio ridere – di un riso malato, sotterraneo – davanti al carnevale continuo delle apparizioni. Meglio riconoscere in questa società della performance il compimento tragico di un’umanità che ha scelto l’anestesia dell’apparenza alla verità dell’abisso.
L’Estetica del Declino
La cultura pop non è solo frivola: è emblema di un’epoca terminale, in cui l’arte non è più specchio dell’anima ma protesi del mercato. In essa, Cioran vedrebbe l’ennesima maschera del nulla: l’estetica del declino travestita da rinascita colorata, l’apocalisse svuotata del suo pathos e trasformata in contenuto virale.
Ogni canzone o videoclip diventa una danza di ombre, un rituale coreografico in cui ciò che conta non è più la verità, ma la velocità con cui viene dimenticata.
La disperazione dietro lo schermo
In fondo, la sovraesposizione mediatica non è che l’ultimo espediente dell’uomo moderno per dimenticare la propria condizione tragica. Le pop star brillano come stelle solo per distrarci dal buio cosmico. E forse, proprio in questo meccanismo di rimozione collettiva, si nasconde la beffa finale: l’illusione di essere vivi, quando in realtà siamo solo spettatori, inchiodati a uno schermo, ad assistere – in diretta streaming – alla rappresentazione perpetua del nostro stesso vuoto.
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